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Uno studio internazionale svela il segreto genetico che risiede nella teoria del sesso eterogametico
Da sempre sappiamo che le donne vivono più a lungo degli uomini, ma fino a oggi le ragioni concrete restavano elusive. Nel 2025, l’aspettativa media globale indica 73,8 anni per le donne contro 68,4 anni per gli uomini, un divario che incuriosisce la comunità scientifica. Una nuova ricerca internazionale, coordinata dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, propone una spiegazione fondata su dati genetici e storici evolutivi. Lo studio ha comparato centinaia di specie animali, mammiferi e uccelli, per cercare un principio comune. E i risultati mostrano che il sesso, nei termini cromosomici, gioca un ruolo centrale: le donne, avendo due cromosomi X, avrebbero una “copertura di sicurezza” contro mutazioni dannose che gli uomini, con un cromosoma X e uno Y, non possiedono. L’equilibrio biologico, l’evoluzione e anche certe regole della selezione sessuale contribuirebbero a perpetuare questa differenza in termini di durata. Secondo gli autori, il divario non si spiega solo con scelte comportamentali o ambientali: è inscritto nel codice genetico del vivente.
Le prove animali: mammiferi vs uccelli rivelano modelli
Le analisi si basano su una raccolta imponente di dati. Nel caso dei mammiferi, il 72% delle specie mostra una maggior speranza di vita nelle femmine. Nel mondo degli uccelli, invece, il 68% delle specie rilevate riserva la longevità ai maschi. Il team ha preso in considerazione 528 specie di mammiferi e 648 specie di uccelli, sfruttando dati provenienti da zoo e istituzioni internazionali. Ciò ha consentito di isolare fattori ambientali, perché in cattività i pericoli naturali (predatori, condizioni estreme) sono ridotti. Ebbene, perfino in condizioni controllate, il pattern resiste: le femmine dei mammiferi superano spesso i maschi in durata, e nei volatili la tendenza può invertirsi.
Teoria del sesso eterogametico: il “difetto” maschile
Il fulcro della spiegazione risiede nella teoria del sesso eterogametico, applicata anche all’uomo. Poiché gli uomini possiedono un cromosoma X e uno Y, qualsiasi mutazione nociva che insorga sull’X non ha un corrispettivo “di scorta” da una seconda copia. Le donne, al contrario, possiedono due cromosomi X. Se uno ospita un gene difettoso, l’altro può sopperire. Come sintetizza la biologa Johanna Stärk: “Se hai due copie dello stesso gene, è meglio che averne solo una.”
In aggiunta, il cromosoma Y maschile spesso presenta sequenze ripetitive e potenzialmente instabili, che possono compromettere la salute nel lungo termine.
Evoluzione, selezione sessuale e cura parentale
L’evoluzione non ha mai giocato a carte scoperte. I maschi di molte specie mostrano tratti vistosi, piumaggi sgargianti, corna, dimensioni imponenti, utili per competere nei rituali di accoppiamento. Ma queste specializzazioni sono “costose”: richiedono energia, aumentano il rischio di ferite o stress metabolico. Come dice il dott. Fernando Colchero: “Queste caratteristiche sono costose da produrre e mantenere, associate a un maggior rischio nei combattimenti per accaparrarsi le femmine.”
Inoltre, nei mammiferi le femmine tendono a svolgere il ruolo principale nella cura dei piccoli. Ciò potrebbe aver selezionato, nel corso dei millenni, una resistenza maggiore alla mortalità prematura, affinché potessero sopravvivere abbastanza da garantire la crescita della prole. Infine, l’analisi in contesti protetti (gli zoo) mostra che le femmine conservano il vantaggio longevo anche senza pressioni esterne. Questo implica che la differenza è radicata nella biologia intrinseca, non soltanto nelle condizioni ambientali.
Un divario che resisterà?
Secondo l’articolo pubblicato su Science Advances, le differenze di longevità tra uomini e donne sono fortemente ancorate a meccanismi genetici ed evolutivi. Tuttavia, gli autori riconoscono che fattori sociali, stile di vita, medicina e cultura possono modulare il fenomeno. In definitiva, non è solo questione di chi si lava i denti o fa sport: esiste un progetto biologico che favorisce una resilienza femminile maggiore. E questa differenza potrebbe consolidarsi anche nel futuro, finché le basi genetiche restano le stesse.
