Indice
- 1 Uno studio brasiliano pubblicato su Neurology collega sette dolcificanti artificiali alle malatie neurodegenerative. Gli autori: “Accelerano l’invecchiamento del cervello”
- 2 I sette dolcificanti incriminati
- 3 I meccanismi del danno: neuroinfiammazione e microbiota
- 4 Dove si trovano e perché è difficile evitarli
- 5 Rivedere il concetto di “alternativa sana”
Uno studio brasiliano pubblicato su Neurology collega sette dolcificanti artificiali alle malatie neurodegenerative. Gli autori: “Accelerano l’invecchiamento del cervello”
Sono ovunque: nelle bibite “light”, nelle barrette “fit”, nei dolci “senza zucchero”. I dolcificanti artificiali, nati per sostituire il saccarosio e ridurre le calorie, tornano ancora una volta sotto accusa. Un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Neurology rivela che sette di essi, tra cui aspartame, saccarina ed eritritolo, sono associati a un declino accelerato delle capacità cognitive, in particolare tra gli adulti sotto i 60 anni.
La ricerca, condotta da un team della Università di San Paolo (Brasile) guidato da Natalia Gomes Gonçalves e Claudia Kimie Suemoto, ha coinvolto oltre 12.000 adulti seguiti per otto anni, valutando l’effetto del consumo regolare di dolcificanti artificiali sulla memoria, la fluidità verbale e la capacità di pensiero. I risultati non lasciano spazio a dubbi: chi assume regolarmente queste sostanze mostra un declino cognitivo del 62% più rapido, equivalente a 1,6 anni di invecchiamento cerebrale anticipato, rispetto a chi ne consuma meno.
Gli studiosi hanno anche notato che l’impatto è maggiore nelle persone sotto i 60 anni e nei diabetici, suggerendo che le abitudini alimentari della mezza età possono avere effetti permanenti sulla salute del cervello. “Le prestazioni cognitive raggiungono il picco tra i 25 e i 30 anni, poi declinano lentamente”, spiega Suemoto. “La nostra ricerca mostra che i dolcificanti artificiali accelerano questo processo naturale, anche negli adulti sani.”
I sette dolcificanti incriminati
Il gruppo di ricerca brasiliano ha individuato sette composti principali collegati al declino cognitivo e a fattori che predispongono all’Alzheimer e ad altre forme di demenza:
- Aspartame
- Saccarina
- Acesulfame-K
- Eritritolo
- Sorbitolo
- Xilitolo
- Tagatosio
Tutti presenti in una grande varietà di prodotti di largo consumo, dai soft drink alle gomme da masticare, dagli yogurt ai dessert proteici. I partecipanti allo studio hanno compilato questionari alimentari e sono stati sottoposti a test cognitivi periodici, che hanno evidenziato una correlazione diretta tra consumo elevato di dolcificanti e calo di memoria e linguaggio.
“Il nostro obiettivo non era demonizzare i dolcificanti, ma capire se esistesse una soglia oltre la quale diventano nocivi”, ha dichiarato Euridice Martinez-Steele, coautrice dello studio. “I risultati indicano che anche quantità considerate ‘moderate’ possono avere conseguenze sul lungo periodo.”
I meccanismi del danno: neuroinfiammazione e microbiota
Ma cosa succede nel cervello di chi consuma regolarmente questi dolcificanti? Secondo i ricercatori, il problema potrebbe risiedere nei processi di neuroinfiammazione e nella disregolazione dell’asse intestino-cervello.
“L’aspartame sembra innescare infiammazioni neuronali”, spiega Suemoto, “mentre gli alcoli di zucchero come eritritolo e sorbitolo possono alterare il microbiota intestinale e compromettere la barriera emato-encefalica, facilitando l’ingresso di sostanze tossiche nel sistema nervoso.”
Il team, composto anche da Paulo A. Lotufo, Isabela Bensenor, Alessandra Goulart, Sandhi Barreto, Luana Giatti, Carolina Perim de Faria, Maria del Carmen Bisi Molina, Paulo Caramelli e Dirce Maria Marchioni, ha sottolineato che il danno sembra cumulativo e potenziato quando più dolcificanti vengono consumati insieme.
“I nostri dati suggeriscono la possibilità di danni cognitivi a lungo termine derivanti dal consumo combinato di dolcificanti ipocalorici o privi di calorie”, scrivono gli autori.
Dove si trovano e perché è difficile evitarli
I dolcificanti artificiali non sono confinati alle bevande “zero zuccheri”. Si trovano in una miriade di prodotti:
- bibite dietetiche e light;
- yogurt e dessert ipocalorici;
- caramelle e chewing gum senza zucchero;
- barrette e polveri proteiche;
- medicinali e sciroppi aromatizzati.
Il problema, spiegano gli autori, è che la maggior parte dei consumatori ignora la quantità totale di dolcificanti che assume quotidianamente. Le etichette non sempre indicano la concentrazione e spesso diversi edulcoranti sono presenti nello stesso prodotto. Così, chi crede di “stare attento” allo zucchero finisce per ingerire dosi costanti di sostanze chimiche che, nel lungo periodo, possono alterare la salute cerebrale.
Rivedere il concetto di “alternativa sana”
L’idea che i dolcificanti siano una scelta più salutare rispetto allo zucchero tradizionale potrebbe dunque essere un’illusione. “La nostra ricerca non invita a tornare allo zucchero, ma a ridurre entrambi”, spiega Gonçalves. “Il cervello non è fatto per una stimolazione continua del gusto dolce.”
Secondo gli autori, il modo più sicuro per preservare la salute cognitiva è limitare l’uso di edulcoranti e prediligere alimenti naturali. In pratica, meno bevande industriali e più frutta, acqua e cibi freschi.
Gli studiosi invitano infine a ulteriori ricerche per capire se i danni siano reversibili e se esistano soglie di sicurezza reali. Intanto, la comunità scientifica sembra concordare su un punto: “light” non è sinonimo di “sano”, e il cervello potrebbe essere il primo a farne le spese.
