Neurosteroidi: nuova speranza per chi soffre di depressione grave

Una revisione scientifica ne conferma l’efficacia nei casi non trattabili con i farmaci tradizionali

Un gruppo di ricercatori indiani ha rivisitato la letteratura scientifica più recente per esaminare una nuova ipotesi terapeutica: i neurosteroidi. Si tratta di composti naturali prodotti nel cervello, che potrebbero diventare la chiave per trattare la depressione resistente ai farmaci (TRD), una delle forme più gravi e difficili da affrontare. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 5% della popolazione mondiale soffre di depressione. Per molti pazienti, i trattamenti oggi disponibili – tra cui SSRI, SNRI, antidepressivi triciclici e MAO inibitori – funzionano, ma c’è un sottogruppo di persone che non risponde a nessuna terapia convenzionale. È proprio per loro che i neurosteroidi potrebbero rappresentare un cambiamento di paradigma, come sottolineato dallo studio pubblicato sulla rivista Neuroscience.

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I meccanismi d’azione: come funzionano i neurosteroidi

I neurosteroidi interagiscono con i sistemi neurali responsabili della regolazione dell’umore, agendo su recettori GABA<sub>A</sub> e NMDA, oltre a modulare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), centrale nella risposta allo stress.
“Modulano i principali neurotrasmettitori, promuovono la plasticità sinaptica e ristabiliscono l’equilibrio neurochimico”, scrivono Krutika Nagpurkar, Pratik Ghive e colleghi. Studi preclinici su modelli animali mostrano che i neurosteroidi riescono ad invertire comportamenti depressivi indotti da stress cronico, mentre i trial clinici ne confermano il potenziale come antidepressivi ad azione rapida e duratura.

Brexanolone e altri neurosteroidi già in fase di studio

Il primo passo concreto è stato fatto nel 2019, quando la FDA statunitense ha approvato il brexanolone per la depressione post-partum. Tuttavia, la sua accessibilità è limitata e gli effetti a lungo termine restano poco chiari.

Oltre al brexanolone, sono in corso studi su pregnenolone e DHEA, due neurosteroidi con effetti documentati su neuroplasticità e risposta allo stress. Gli autori precisano che “queste sostanze offrono una risposta multifattoriale rispetto agli antidepressivi tradizionali, che si basano quasi esclusivamente sulla teoria della serotonina”.

Un approccio innovativo per una malattia complessa

Lo studio sottolinea che la TRD richiede approcci innovativi. I neurosteroidi, grazie alla loro azione su più bersagli neurali, rappresentano una soluzione potenzialmente più efficace per contrastare una neurobiologia complessa e sfuggente.
“I dati raccolti indicano che i neurosteroidi possono essere integrati nella gestione della TRD, offrendo nuove speranze”, si legge nella pubblicazione. Tuttavia, restano aperti interrogativi sulla durata dell’effetto terapeutico e sulla possibilità che alcuni pazienti siano più sensibili o vulnerabili agli effetti collaterali.

Altre patologie e nuovi studi in arrivo

I ricercatori ipotizzano che i neurosteroidi possano essere utili anche nel trattamento di altri disturbi psichiatrici legati allo stress, come ansia grave o disturbi post-traumatici. Servono però studi clinici a lungo termine per confermare efficacia e sicurezza.
L’obiettivo è sviluppare terapie personalizzate in grado di intervenire con rapidità e precisione. Un futuro che, secondo gli autori, potrebbe diventare realtà grazie ai progressi della medicina di precisione e alle nuove tecnologie di imaging cerebrale.

Fonte:

Neuroscience

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