Rinnovabili, il Tar Lazio accoglie il ricorso sulle aree idonee

Che cosa succederà adesso nelle Regioni. Il presidente Togni (Anev) a Greenreport: “La nostra è una vittoria amara, abbiamo perso due anni di tempo. Mi auguro sinceramente che il nuovo decreto ministeriale esca in tempi rapidissimi”

Con grande ritardo sui tempi previsti – ma quando si parla di energie rinnovabili non è purtroppo una novità –, oggi il Tar Lazio ha pubblicato la sentenza n. 9155 (in allegato a coda dell’articolo, ndr) sulle aree idonee a ospitare gli impianti, avanzato da molti operatori italiani tra cui l’Associazione nazionale energia del vento (Anev) che oggi canta vittoria.

Il Tar Lazio ha infatti accolto molti dei motivi di ricorso: in particolare annulla l’articolo 7, commi 2 e 3, del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 con obbligo, per le amministrazioni ministeriali di rieditare i criteri per la individuazione delle aree idonee e non idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili. Riconoscendo, in buona sostanza, i motivi che l’Anev aveva anche pubblicamente segnalato come fortemente lesivi della libera attività imprenditoriale.

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Cosa succede ora: tempi, decreti e impatto sulle Regioni

Cosa succede adesso? Come spiega a greenreport il presidente Anev, Simone Togni, il Tar Lazio ha indicato 60 giorni dalla notifica della sentenza per dare attuazione ai criteri da seguire: in questo lasso di tempo il ministero dell’Ambiente dovrà elaborare un nuovo decreto nazionale Aree idonee, dopodiché le Regioni che hanno già legiferato in materia – come la Regione Sardegna, che ha reso inidoneo agli impianti il 99% del proprio territorio – dovranno partorire una nuova legge, che segua i criteri indicati nel prossimo decreto nazionale. Anche le Regioni che sono a metà del guado (come la Toscana, dove la pdl è in discussione al Consiglio regionale col 70% del territorio fuori dalle aree idonee) dovranno adeguare la propria legislazione ai nuovi criteri. Infine, le Regioni che finora sono rimaste ad attendere il pronunciamento del Tar, potranno partire da zero seguendo direttamente le nuove disposizioni di legge.

Maggiore uniformità e limiti all’autonomia regionale

Tutto passa dunque dal prossimo decreto ministeriale, ma il Tar Lazio ha già messo alcuni fondamentali punti fermi. In primo luogo, pur lasciando margini di autonomia legislativa a livello locale, le Regioni non potranno prevedere restrizioni nelle loro leggi regionali rispetto alla disciplina statale, assicurando, come minimo, il recepimento delle aree idonee ex lege (Art. 20, comma 8, dlgs 199/2021).

In secondo luogo, il Dm riformulato dovrà contenere elementi di omogeneità per le varie Regioni, cosa che non avviene col decreto attuale, che lascia ampia libertà alle Regioni di poter modificare le aree non idonee introducendo una fascia di rispetto da siti tutelati o di particolare pregio, che può arrivare anche ad essere di 7 km.

La vittoria dell’Anev e il ritardo che penalizza il Paese

«Quel decreto andava palesemente contro le normative vigenti. Come Anev abbiamo avuto fitti confronti con tutte le Regioni, e oggi devo fare un plauso a quelle che hanno deciso di attendere il pronunciamento del Tar prima di legiferare – constata Togni – Ma questa è una vittoria amara, perché anche se noi vinciamo in tribunale, a perderci è il Paese reale a causa dei continui ritardi nello sviluppo delle energie rinnovabili. L’alto costo dell’elettricità che scontiamo oggi è figlio di questi ritardi, oltre ai benefici mancati sotto il profilo ambientale, quello dell’autonomia energetica e dunque dei rischi geopolitici. Adesso mi auguro sinceramente che il nuovo decreto ministeriale esca in tempi rapidissimi, e spero nell’avvio di un piano straordinario per liberare le centinaia di progetti rinnovabili pronti a essere realizzati, ma fermi in attesa dei via libera autorizzativi. Non possiamo più permetterci di aspettare».

L’urgenza di accelerare: i numeri delle installazioni in Italia

Come documenta Legambiente, per rispettare il pur timido obiettivo contenuto nel decreto Aree idonee del Governo Meloni, ovvero installare +80 GW dal 2021 al 2030, l’Italia dovrebbe fare spazio a nuovi impianti per un minimo di 10,38 GW/anno – che diventano +12 GW/anno per rispettare appieno i target RePowerEu fatti propri dal Piano elettrico 2030 elaborato dalla confindustriale Elettricità futura –, mentre anche nel 2024 si è fermata ampiamente sotto questa soglia (+7,48 GW). E nella prima parte del 2025 le installazioni hanno rallentato ancora: adesso è necessario accelerare.

Luca Aterini – GreenReport.it

Link utili:
La sentenza del Tar Lazio

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