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L’intelligenza artificiale consuma il pianeta: dubbi sul mega data center di Meta

23 Maggio 202523 Maggio 20254 Mins Read
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Indice

  • 1 Per alimentare l’infrastruttura saranno necessari tre impianti a gas con turbina a combustione, capaci di generare 2.300 megawatt di elettricità
  • 2 Emissioni e risorse: l’AI consuma più di quanto immaginiamo
  • 3 Ogni richiesta all’AI ha un impatto ambientale
  • 4 Dove nasce l’energia? E quanta acqua stiamo sprecando?
  • 5 Bilanciare progresso e sostenibilità è ancora possibile

Per alimentare l’infrastruttura saranno necessari tre impianti a gas con turbina a combustione, capaci di generare 2.300 megawatt di elettricità

Un mega data center da 10 miliardi di dollari e 2.300 MW a gas: così l’AI prosciuga acqua, energia e risorse pubbliche, generando emissioni e costi nascosti. L’intelligenza artificiale promette rivoluzioni, ma dietro le meraviglie digitali si nasconde una realtà molto più materiale: il consumo smisurato di risorse naturali. Come riportato sulle pagine di GreenReport.it, a firma del giornalista Luca Aterini, Meta sta costruendo il suo più grande centro dati di sempre: un colosso da oltre 350.000 metri quadrati a Richland Parish, in Louisiana. L’impianto, previsto per il 2030, rappresenterà il fulcro delle attività di AI del colosso statunitense. Supporterà modelli come LLaMA e piattaforme come Facebook, Instagram e Threads, con un investimento da capogiro: 10 miliardi di dollari.

Il progetto è accompagnato da una richiesta urgente da parte del fornitore di energia locale, Entergy, per costruire tre centrali a gas in grado di generare 2.300 megawatt. L’azienda sostiene che l’infrastruttura “svolgerà un ruolo vitale nell’accelerare i nostri progressi nell’intelligenza artificiale”. Ma a che prezzo? Le implicazioni ambientali e sociali sono profonde: dietro la corsa all’innovazione, si cela un sistema che rischia di prosciugare energia, acqua e denaro pubblico, mettendo in crisi territori e comunità locali.

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Emissioni e risorse: l’AI consuma più di quanto immaginiamo

Il problema è tutt’altro che teorico. I data center sono macchine energivore, e le loro necessità non si limitano alla sola elettricità. Per raffreddare i server è indispensabile l’utilizzo massiccio di acqua. Secondo le previsioni, l’intelligenza artificiale potrebbe richiedere fino a 6,6 miliardi di metri cubi d’acqua entro il 2027. Anche le emissioni non sono da meno: l’addestramento di GPT-3, ad esempio, ha prodotto 552 tonnellate di CO₂, equivalenti a quanto emesso in un anno da 123 automobili a benzina.

Entergy ha dichiarato che i costi per le nuove centrali non ricadranno direttamente sui cittadini, ma documenti ufficiali indicano che l’azienda ha comunque chiesto di poter recuperare parte delle spese attraverso un aumento delle tariffe. A preoccuparsi sono gruppi ambientalisti e associazioni di consumatori, che temono che, in caso di calo della domanda energetica da parte di Meta, i costi di queste infrastrutture inutilizzate possano essere scaricati sulle famiglie.

Ogni richiesta all’AI ha un impatto ambientale

Anche le operazioni più comuni, come generare un testo o un’immagine, hanno un costo invisibile. I server che alimentano l’intelligenza artificiale devono eseguire milioni di calcoli in pochi secondi, consumando energia in quantità paragonabili a quella necessaria per ricaricare uno smartphone. Una ricerca di Hugging Face e Carnegie Mellon University ha calcolato che una singola immagine generata con AI consuma l’energia equivalente a una ricarica completa del cellulare.

Considerando che questi sistemi vengono usati miliardi di volte al giorno – per scrivere, calcolare, creare – l’impatto cumulativo sull’ambiente diventa enorme. Ogni interazione contribuisce all’aumento delle emissioni di CO₂, un effetto collaterale ancora sottovalutato ma scientificamente tracciabile. Alimentare l’intelligenza artificiale non è dunque un gesto neutro: ha un’impronta, e spesso è pesante.

Dove nasce l’energia? E quanta acqua stiamo sprecando?

La carbon footprint dell’intelligenza artificiale dipende da due elementi fondamentali: la quantità di energia consumata e la fonte da cui proviene. Se l’elettricità deriva da energie rinnovabili o nucleari, l’impatto ambientale è contenuto. Ma se, come negli Stati Uniti, la maggior parte dell’energia proviene da combustibili fossili, l’effetto è devastante. I Paesi che ospitano i principali poli tecnologici – Silicon Valley in testa – stanno aggravando la loro impronta climatica.

Non meno grave è la questione dell’acqua utilizzata per raffreddare i server. Secondo Washington Post e Università della California Riverside, le torri di raffreddamento utilizzano acqua che, dopo pochi cicli di riciclo (da 3 a 10), viene dispersa. Anche una semplice email generata con ChatGPT-4 può “consumare” oltre mezzo litro d’acqua. Se solo il 10% degli americani inviasse una mail alla settimana scritta con l’AI, il consumo totale annuo ammonterebbe a 435 milioni di litri, equivalente al fabbisogno idrico giornaliero di un milione di persone.

Bilanciare progresso e sostenibilità è ancora possibile

La corsa all’intelligenza artificiale ci spinge verso orizzonti straordinari, ma sta creando anche zone d’ombra sempre più preoccupanti. Il centro dati di Meta in Louisiana è solo uno dei tanti esempi in cui l’innovazione avanza senza una chiara strategia per la sostenibilità. Se non si agisce in fretta, a pagarne il prezzo saranno ambiente, comunità locali e generazioni future.

Servono politiche condivise, regolamenti trasparenti e responsabilità aziendali reali. Non si tratta di frenare l’innovazione, ma di renderla compatibile con la sopravvivenza del pianeta. Il futuro dell’intelligenza artificiale può essere brillante solo se sarà anche verde.

Link utili:

META

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