Indice
- 1 Per alimentare l’infrastruttura saranno necessari tre impianti a gas con turbina a combustione, capaci di generare 2.300 megawatt di elettricità
- 2 Emissioni e risorse: l’AI consuma più di quanto immaginiamo
- 3 Ogni richiesta all’AI ha un impatto ambientale
- 4 Dove nasce l’energia? E quanta acqua stiamo sprecando?
- 5 Bilanciare progresso e sostenibilità è ancora possibile
Per alimentare l’infrastruttura saranno necessari tre impianti a gas con turbina a combustione, capaci di generare 2.300 megawatt di elettricità
Un mega data center da 10 miliardi di dollari e 2.300 MW a gas: così l’AI prosciuga acqua, energia e risorse pubbliche, generando emissioni e costi nascosti. L’intelligenza artificiale promette rivoluzioni, ma dietro le meraviglie digitali si nasconde una realtà molto più materiale: il consumo smisurato di risorse naturali. Come riportato sulle pagine di GreenReport.it, a firma del giornalista Luca Aterini, Meta sta costruendo il suo più grande centro dati di sempre: un colosso da oltre 350.000 metri quadrati a Richland Parish, in Louisiana. L’impianto, previsto per il 2030, rappresenterà il fulcro delle attività di AI del colosso statunitense. Supporterà modelli come LLaMA e piattaforme come Facebook, Instagram e Threads, con un investimento da capogiro: 10 miliardi di dollari.
Il progetto è accompagnato da una richiesta urgente da parte del fornitore di energia locale, Entergy, per costruire tre centrali a gas in grado di generare 2.300 megawatt. L’azienda sostiene che l’infrastruttura “svolgerà un ruolo vitale nell’accelerare i nostri progressi nell’intelligenza artificiale”. Ma a che prezzo? Le implicazioni ambientali e sociali sono profonde: dietro la corsa all’innovazione, si cela un sistema che rischia di prosciugare energia, acqua e denaro pubblico, mettendo in crisi territori e comunità locali.
Emissioni e risorse: l’AI consuma più di quanto immaginiamo
Il problema è tutt’altro che teorico. I data center sono macchine energivore, e le loro necessità non si limitano alla sola elettricità. Per raffreddare i server è indispensabile l’utilizzo massiccio di acqua. Secondo le previsioni, l’intelligenza artificiale potrebbe richiedere fino a 6,6 miliardi di metri cubi d’acqua entro il 2027. Anche le emissioni non sono da meno: l’addestramento di GPT-3, ad esempio, ha prodotto 552 tonnellate di CO₂, equivalenti a quanto emesso in un anno da 123 automobili a benzina.
Entergy ha dichiarato che i costi per le nuove centrali non ricadranno direttamente sui cittadini, ma documenti ufficiali indicano che l’azienda ha comunque chiesto di poter recuperare parte delle spese attraverso un aumento delle tariffe. A preoccuparsi sono gruppi ambientalisti e associazioni di consumatori, che temono che, in caso di calo della domanda energetica da parte di Meta, i costi di queste infrastrutture inutilizzate possano essere scaricati sulle famiglie.
Ogni richiesta all’AI ha un impatto ambientale
Anche le operazioni più comuni, come generare un testo o un’immagine, hanno un costo invisibile. I server che alimentano l’intelligenza artificiale devono eseguire milioni di calcoli in pochi secondi, consumando energia in quantità paragonabili a quella necessaria per ricaricare uno smartphone. Una ricerca di Hugging Face e Carnegie Mellon University ha calcolato che una singola immagine generata con AI consuma l’energia equivalente a una ricarica completa del cellulare.
Considerando che questi sistemi vengono usati miliardi di volte al giorno – per scrivere, calcolare, creare – l’impatto cumulativo sull’ambiente diventa enorme. Ogni interazione contribuisce all’aumento delle emissioni di CO₂, un effetto collaterale ancora sottovalutato ma scientificamente tracciabile. Alimentare l’intelligenza artificiale non è dunque un gesto neutro: ha un’impronta, e spesso è pesante.
Dove nasce l’energia? E quanta acqua stiamo sprecando?
La carbon footprint dell’intelligenza artificiale dipende da due elementi fondamentali: la quantità di energia consumata e la fonte da cui proviene. Se l’elettricità deriva da energie rinnovabili o nucleari, l’impatto ambientale è contenuto. Ma se, come negli Stati Uniti, la maggior parte dell’energia proviene da combustibili fossili, l’effetto è devastante. I Paesi che ospitano i principali poli tecnologici – Silicon Valley in testa – stanno aggravando la loro impronta climatica.
Non meno grave è la questione dell’acqua utilizzata per raffreddare i server. Secondo Washington Post e Università della California Riverside, le torri di raffreddamento utilizzano acqua che, dopo pochi cicli di riciclo (da 3 a 10), viene dispersa. Anche una semplice email generata con ChatGPT-4 può “consumare” oltre mezzo litro d’acqua. Se solo il 10% degli americani inviasse una mail alla settimana scritta con l’AI, il consumo totale annuo ammonterebbe a 435 milioni di litri, equivalente al fabbisogno idrico giornaliero di un milione di persone.
Bilanciare progresso e sostenibilità è ancora possibile
La corsa all’intelligenza artificiale ci spinge verso orizzonti straordinari, ma sta creando anche zone d’ombra sempre più preoccupanti. Il centro dati di Meta in Louisiana è solo uno dei tanti esempi in cui l’innovazione avanza senza una chiara strategia per la sostenibilità. Se non si agisce in fretta, a pagarne il prezzo saranno ambiente, comunità locali e generazioni future.
Servono politiche condivise, regolamenti trasparenti e responsabilità aziendali reali. Non si tratta di frenare l’innovazione, ma di renderla compatibile con la sopravvivenza del pianeta. Il futuro dell’intelligenza artificiale può essere brillante solo se sarà anche verde.
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