Giornali sotto assedio, IA ruba clic minacciano estinzione dell’editoria

Meno traffico e meno introiti portano alle alleanze forzate. Il caso del New York Times è solo uno dei tanti

Per i quotidiani online, il futuro appare sempre più incerto. Dopo anni trascorsi a rincorrere le regole della SEO per scalare le classifiche di Google e altrettanti passati a inseguire la visibilità dettata dagli algoritmi dei social, oggi le testate si trovano a fronteggiare una nuova minaccia: l’Intelligenza Artificiale. A sostenerlo è un’inchiesta del Wall Street Journal, secondo cui l’AI sta erodendo quote di traffico e rendendo sempre più irrilevante la presenza dei giornali nei risultati di ricerca. Il caso emblematico è quello del New York Times, il cui traffico organico proveniente da Google è passato dal 44% al 36,5% in soli tre anni. Colpa di algoritmi capaci di sintetizzare l’informazione in pillole, rendendo inutile cliccare sulla fonte originale. I giornali, oggi, sono costretti a trattare con gli stessi colossi tecnologici che accusano di sottrarre i loro contenuti per addestrare sistemi AI.

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Come l’AI sta cambiando le ricerche online

Il problema nasce con l’integrazione dell’AI generativa nei motori di ricerca. Fino a pochi anni fa, digitando una domanda su Google si riceveva un elenco di link blu, selezionati in base alla pertinenza e all’ottimizzazione SEO. Oggi, invece, l’intelligenza artificiale integrata restituisce un riassunto immediato e autosufficiente, spesso modellato su fonti giornalistiche.

Così, interrogando Google su “chi ha scatenato la guerra dei dazi”, l’utente non vede più una lista di articoli ma una risposta sintetica stile Wikipedia, che riduce drasticamente la necessità di approfondire. I giornali diventano invisibili, anche se sono proprio loro a fornire le informazioni di base a questi strumenti. Un paradosso che mina il modello economico dell’editoria, basato su clic e pubblicità.

La denuncia del Wall Street Journal e i dati del NYT

Il Wall Street Journal, che ha recentemente intentato causa contro Perplexity AI Inc., denuncia l’uso improprio dei contenuti giornalistici da parte degli algoritmi. Secondo la testata, l’AI sta svuotando di senso i link tradizionali, fornendo risposte rapide che eliminano il bisogno di cliccare sulla fonte originale.

A pagare il prezzo più alto è il traffico organico. Stando ai dati di Similarweb, il New York Times ha perso quasi l’8% di visitatori provenienti da ricerche Google in soli tre anni. Questo si traduce in minori entrate pubblicitarie, elemento centrale per la sopravvivenza del giornalismo online. Ecco perché sempre più testate cercano di regolamentare o monetizzare l’accesso dei sistemi AI ai propri contenuti.

Gli editori trattano con chi usa i loro articoli

Pur criticando l’utilizzo massivo delle proprie notizie da parte delle AI, molti editori scelgono di collaborare con le software house. Il New York Times, ad esempio, ha siglato un accordo con Amazon per fornire contenuti da usare nell’addestramento degli algoritmi. Allo stesso modo, The Atlantic e The Washington Post hanno aperto canali con OpenAI, così come Condé Nast, che pur accusando Perplexity AI di plagio, ha autorizzato l’uso di articoli tratti da testate come Vogue, Vanity Fair e The New Yorker.

Si tratta di un compromesso simile a quello vissuto anni fa, quando le redazioni hanno accettato di piegarsi alla logica della SEO. Oggi, in cambio di compensi, gli editori cedono parte della loro identità a piattaforme che un tempo accusavano di cannibalismo digitale.

Il contenuto online rischia l’estinzione

La stampa su carta ha già conosciuto un declino profondo. Ora, anche il giornalismo online rischia l’emarginazione, sostituito da risposte automatiche e riassunti generati da AI. Le redazioni si trovano davanti a un bivio: trattare con chi sfrutta i loro contenuti oppure sparire dagli orizzonti digitali.

Come accaduto nel passaggio dai testi ben scritti a quelli ottimizzati per i motori di ricerca, la qualità dell’informazione cede il passo all’efficienza algoritmica. L’unica certezza è che, ancora una volta, i giornali devono adattarsi a un ambiente che non hanno scelto ma che devono imparare a domare.

Quali soluzioni per salvare l’informazione online?

Affinché il giornalismo sopravviva nell’era dell’AI, occorre definire regole chiare sull’uso dei contenuti editoriali da parte degli algoritmi. Una strada possibile è quella degli accordi di licenza obbligatoria, sul modello di quanto accaduto tra editori e Google per Google News Showcase. Questo sistema permette ai giornali di essere remunerati in modo equo quando i loro contenuti vengono usati per addestrare o alimentare risposte automatiche.

Un altro punto centrale è l’intervento legislativo. Alcuni Paesi stanno già valutando norme specifiche per tutelare il copyright digitale e garantire che l’uso dell’AI non comporti un danno economico ai produttori di informazione. In parallelo, sarebbe opportuno sviluppare standard tecnici comuni per identificare chiaramente le fonti originali nei risultati delle AI.

Infine, i giornali stessi potrebbero puntare su modelli editoriali più verticali, in grado di offrire contenuti esclusivi, analisi approfondite e newsletter personalizzate che le AI non sono ancora in grado di replicare. Investire nella qualità e nell’autenticità può essere la risposta più solida al dilagare degli algoritmi.

L’Europa si muove per salvare l’editoria

Nel panorama mondiale, l’Unione Europea si distingue per l’impegno nella regolamentazione dell’AI e nella protezione del giornalismo. Il primo passo concreto è stato l’approvazione dell’AI Act, un regolamento che impone obblighi di trasparenza per chi sviluppa modelli generativi. I fornitori devono dichiarare se i dati usati per l’addestramento sono protetti da copyright e rispettare una serie di vincoli etici e tecnici.

A questa normativa si affianca la Direttiva Copyright 2019/790/UE, che riconosce agli editori il diritto esclusivo di autorizzare l’uso online dei propri articoli. Questa direttiva rappresenta la base legale per eventuali richieste di remunerazione da parte delle testate nei confronti delle piattaforme AI. Inoltre, si discute la possibilità di un Digital Media Act europeo per sostenere il giornalismo indipendente, anche attraverso fondi specifici.

Alcuni editori, intanto, iniziano a siglare accordi privati con le big tech per regolare l’utilizzo dei loro contenuti. Ma l’obiettivo resta una tutela normativa condivisa, che permetta a tutti gli operatori, grandi e piccoli, di partecipare alla trasformazione digitale senza subire passivamente l’impatto delle nuove tecnologie.

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