Indice
- 1 I silenzi delle istituzioni e i rischi per la salute. Bruxelles è in ritardo: pazienti e associazioni pronte al ricorso
- 2 L’inerzia di Bruxelles e il peso delle lobby
- 3 Dentro le compresse: quanto TiO₂ assumiamo
- 4 Dentifrici sotto accusa: il test e l’allarme
- 5 Verso una regolamentazione europea coerente
I silenzi delle istituzioni e i rischi per la salute. Bruxelles è in ritardo: pazienti e associazioni pronte al ricorso
Il biossido di titanio, conosciuto anche come TiO₂, continua a far parlare di sé. Dopo essere stato vietato negli alimenti nell’Unione Europea, a causa delle sue potenziali proprietà genotossiche e cancerogene, la sostanza è rimasta presente in moltissimi farmaci. Nonostante le rassicurazioni passate della Commissione europea, oggi non esiste ancora una decisione definitiva sul suo impiego in ambito farmaceutico. Eppure, già nel 2022 era stata fissata una scadenza: entro il 2025 si sarebbe dovuto stabilire se proibirlo anche in capsule e compresse.
Quel termine è passato senza che nulla accadesse. Intanto, milioni di cittadini europei continuano ad assumere medicinali che contengono biossido di titanio, non per ragioni terapeutiche, ma come colorante puramente estetico. Di fronte a questo scenario, si alza la voce dell’associazione Avicenn, attiva da anni nel monitoraggio delle nanoparticelle. Insieme a una paziente affetta da morbo di Crohn, l’organizzazione ha annunciato un possibile ricorso contro la Commissione, qualora entro due mesi non arrivi alcuna risposta concreta.
L’inerzia di Bruxelles e il peso delle lobby
La promessa era chiara: vietato negli alimenti, il biossido di titanio sarebbe stato oggetto di revisione anche nel settore farmaceutico. Ma la Commissione europea, dopo aver suggerito all’industria di trovare alternative, è rimasta in silenzio. Le aziende produttrici, invece, non hanno fatto grandi passi avanti. Già nel 2021, parlavano di un tempo stimato tra i sette e i dodici anni per trovare sostituti efficaci. Nel 2024, quei numeri sono rimasti incredibilmente identici. Secondo Avicenn, la spiegazione è semplice: le lobby farmaceutiche hanno esercitato pressioni tali da bloccare ogni evoluzione normativa. E così, mentre il colorante spariva dalle tavole europee, continuava a entrare nei nostri organismi attraverso pillole, capsule e persino dentifrici.
Dentro le compresse: quanto TiO₂ assumiamo
Uno studio condotto da Inserm e IARC ha fotografato una realtà sconcertante: il TiO₂ è presente nel 95% delle capsule analizzate. Non ha alcuna funzione terapeutica e serve unicamente a rendere il medicinale più bianco o più uniforme.
Per i pazienti cronici, che assumono diversi farmaci ogni giorno, si tratta di un’esposizione costante. E sempre più persone cominciano a chiedersi: vale la pena correre un rischio potenziale per motivi puramente estetici?
Il dibattito è più che legittimo. Chi assume cure per tutta la vita non può permettersi di ignorare la presenza di sostanze potenzialmente pericolose, soprattutto quando non sono indispensabili. È proprio questo il cuore della battaglia che Avicenn ha deciso di portare davanti alle autorità europee.
Dentifrici sotto accusa: il test e l’allarme
A rilanciare l’attenzione sul biossido di titanio ci ha pensato anche un’inchiesta pubblicata da Il Salvagente, che ha testato 20 dentifrici disponibili sul mercato italiano. Il risultato? In 13 prodotti era presente TiO₂, spesso anche sotto forma di nanoparticelle, le più difficili da individuare e potenzialmente le più insidiose.
Alcuni di questi dentifrici erano destinati a bambini. Eppure, in molti casi, la presenza della sostanza non veniva nemmeno indicata in etichetta, in violazione delle norme europee sulla trasparenza.
I dentifrici, a differenza dei farmaci, non passano attraverso controlli clinici rigorosi prima della commercializzazione. Questo rende ancora più importante una regolamentazione aggiornata, coerente e soprattutto orientata alla tutela della salute, anche in campo cosmetico.
Verso una regolamentazione europea coerente
Il problema, ormai evidente, è la mancanza di coerenza nelle scelte politiche europee. Se una sostanza è considerata potenzialmente dannosa negli alimenti, perché è ancora permessa nei farmaci e nei dentifrici?
A chiedere chiarezza sono non solo le associazioni civiche, ma anche alcuni Stati membri che spingono per una normativa armonizzata a livello europeo. Ciò che serve, dicono in molti, è una linea comune per tutti i prodotti ingeribili – e forse anche per i cosmetici – che bandisca il biossido di titanio una volta per tutte.
La Commissione europea è ora chiamata a una scelta di responsabilità. Non basta più il silenzio, non bastano più le promesse: serve un atto chiaro, coraggioso e fondato sulla salute pubblica, non sugli interessi economici.