Come i coralli, capaci di svilupparsi sfruttando l’anidride carbonica, l’uomo potrà in futuro costruire le proprie case: saranno resistenti e ignifughe
Un innovativo metodo di produzione potrebbe rivoluzionare il settore edilizio, trasformando il carbonio inquinante in materiali da costruzione robusti, ignifughi e a impatto ambientale negativo. L’idea nasce all’Università della California del Sud (USC), dove un team di ricercatori, guidato dal professor Qiming Wang, ha messo a punto un processo elettrochimico ispirato ai coralli marini per integrare il sequestro del carbonio direttamente nei materiali da costruzione. I risultati, pubblicati sulla rivista npj Advanced Manufacturing, dimostrano che la tecnica produce un composito minerale-polimerico dalle straordinarie proprietà meccaniche, capaci di resistere al fuoco e persino di ripararsi da solo.
Il nuovo processo si differenzia nettamente dai tradizionali sistemi di cattura del carbonio, che puntano sullo stoccaggio o sulla trasformazione in liquidi, spesso costosi e poco efficienti. In questo caso, invece, il CO₂ viene convertito in carbonato di calcio direttamente all’interno di impalcature polimeriche stampate in 3D.
Come i coralli trasformano il CO₂ in strutture
Il meccanismo è stato ispirato da un fenomeno naturale noto: la biomineralizzazione dei coralli. Questi organismi marini assorbono CO₂ e, grazie alla fotosintesi, lo trasformano in strutture solide chiamate coralliti, combinando anidride carbonica e ioni di calcio presenti nell’acqua di mare. Il team ha replicato il processo utilizzando impalcature polimeriche tridimensionali, rivestite con uno strato conduttivo e immerse in una soluzione di cloruro di calcio.
All’interno della soluzione, l’aggiunta di CO₂ avvia l’idrolisi e la formazione di ioni bicarbonato, che reagiscono con il calcio per generare carbonato di calcio. Questo si deposita nelle cavità della struttura stampata, creando un materiale solido, compatto e sorprendentemente resistente.
Resistenza al fuoco e capacità di autoriparazione
Una delle caratteristiche più sorprendenti di questo materiale riguarda il suo comportamento al fuoco. Sebbene le impalcature polimeriche iniziali non fossero ignifughe, il composito risultante ha mostrato un’eccellente resistenza al calore: durante i test, ha mantenuto la propria integrità strutturale anche dopo 30 minuti di esposizione diretta alla fiamma.
Il merito va al rilascio di piccole quantità di CO₂ durante l’esposizione al calore, che agiscono da meccanismo naturale di soppressione delle fiamme. Inoltre, se il materiale subisce delle crepe, può essere riparato tramite l’applicazione di una leggera corrente elettrica, che attiva reazioni elettrochimiche in grado di ristabilire la coesione strutturale.
Edilizia sostenibile e prospettive future
I ricercatori hanno condotto anche una valutazione sul ciclo di vita del materiale e hanno scoperto che il bilancio complessivo del carbonio è negativo: la quantità di CO₂ catturata è maggiore di quella emessa durante la produzione e l’uso.
Il composito può essere assemblato in moduli e utilizzato per realizzare strutture portanti su larga scala. Il passo successivo, ora, è la commercializzazione della tecnologia, già brevettata. Considerando che il comparto edilizio è responsabile di circa l’11% delle emissioni globali, questo approccio potrebbe aprire la strada a un nuovo paradigma: edifici a impatto carbonico negativo.