Bonus casa dimezzati: dal 2026 addio ai “regali fiscali” per tutti

Detrazioni più basse, controlli sul reddito e tagli alle aliquote: ecco come cambiano i bonus edilizi dal 2026. Una stretta che divide famiglie e imprese

Dal 2026 chi sogna di ristrutturare casa con lo Stato che paga metà del conto dovrà rivedere i propri piani. Dopo anni di agevolazioni generose, l’epoca delle aliquote al 110% o all’85% è ufficialmente tramontata. La riforma fiscale sugli incentivi edilizi, anticipata in una guida dall’Ance (Associazione dei Costruttori), ridisegna completamente lo scenario: meno sconti, più selettività e un’attenzione inedita al reddito dei contribuenti. In altre parole, il bonus casa resta, ma non sarà più per tutti e non sarà più così conveniente. La logica cambia: non conta tanto il tipo di lavoro ma chi lo richiede e su quale immobile. E soprattutto, per la prima volta viene introdotto un tetto alla detraibilità legato al reddito familiare. Il risultato? Chi guadagna di più e possiede più immobili vedrà crollare la convenienza. La promessa è di razionalizzare la spesa pubblica, ma il rischio è di lasciare fuori proprio quella fetta di popolazione che più ha spinto negli ultimi anni l’economia del settore edilizio.

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Le nuove aliquote: dal 50% al 30% e stop alle seconde case

Il cambiamento più forte riguarda le percentuali di detrazione. Fino al 2024 si poteva recuperare dal 50% all’85% delle spese, in base all’intervento e all’immobile. Dal 2025, invece, la musica cambia:

  • 50% di detrazione solo per la prima casa;
  • 36% per seconde case, pertinenze e immobili in affitto;
  • nel biennio 2026–2027 si scende ancora, rispettivamente al 36% e al 30%.

In pratica, chi vorrà ristrutturare una seconda abitazione dovrà mettere in conto che lo Stato contribuirà molto meno. Un taglio che colpisce soprattutto le famiglie con più di un immobile e i piccoli investitori.

Ma non finisce qui: entra in gioco anche il fattore reddito. Sopra i 75.000 euro scatta un tetto che riduce progressivamente la detraibilità, con correttivi legati al numero di figli. Un sistema pensato per rendere più equo l’accesso agli incentivi, ma che rischia di trasformarsi in un ginepraio burocratico, difficile da comprendere per i cittadini.

Bonus confermati ma più “magri” e con limiti rigidi

Nonostante la stretta, alcuni bonus sopravvivono fino al 2027. Il Bonus Ristrutturazioni resta con il tetto di spesa invariato a 96.000 euro, ma l’aliquota sarà piena solo per la prima casa. L’Ecobonus continuerà a incentivare l’efficienza energetica, ma dal 2025 non includerà più le caldaie a combustibili fossili. Un segnale chiaro di svolta green.

Il Sismabonus invece perde uno dei suoi punti di forza: il passaggio di classe di rischio sismico non farà più la differenza. Le aliquote vengono uniformate: 50% per l’abitazione principale, 36% per il resto. In altre parole, anche gli interventi antisismici si “appiattiscono” sugli stessi criteri degli altri bonus.

L’unico “intoccabile” è il Bonus Barriere Architettoniche, che resta invariato al 75% fino al 2025, indipendentemente dalla destinazione d’uso. Una scelta che conferma l’importanza sociale di questa misura, spesso considerata non solo un incentivo edilizio ma un atto di civiltà.

Addio agli extra bonus: condominio e pertinenze penalizzati

I combinati Ecobonus + Sismabonus, validi per i lavori in condominio, continueranno a esistere, ma le super aliquote all’80% e 85% scompaiono. Dal 2025 si applicano le nuove percentuali ridotte. Una doccia fredda per amministratori e famiglie che avevano puntato sulla riqualificazione collettiva degli stabili.

Resistono invece, almeno fino al 2027, i bonus per l’acquisto di box pertinenziali e abitazioni ristrutturate. Anche qui, però, l’effetto convenienza sarà molto meno evidente rispetto al passato. Insomma, le agevolazioni non spariscono, ma si trasformano in strumenti più selettivi e meno vantaggiosi. Una vera rivoluzione, che potrebbe frenare molti progetti già messi in cantiere.

La logica del governo: risparmio o taglio mascherato?

Il messaggio politico dietro questa riforma è chiaro: stop agli sprechi, incentivi solo per chi ha davvero bisogno e stop ai “furbetti del bonus”. Lo Stato non vuole più finanziare indistintamente chiunque ristrutturi o migliori casa, ma concentrare le risorse su chi ha redditi più bassi e un’unica abitazione.

Secondo l’Ance, però, il rischio è enorme: la drastica riduzione delle aliquote potrebbe generare un crollo della domanda nel settore edilizio, con ricadute dirette su imprese e occupazione. E non è un caso che il mondo delle costruzioni parli di “stretta senza precedenti”. In pratica, la partita si gioca tra esigenze di bilancio pubblico e necessità di sostenere un settore trainante dell’economia italiana.

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