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Nella regione Sagittarius B2 un’enorme nube che produce metà delle stelle centrali pur avendo poco gas
Il telescopio spaziale James Webb ha puntato i suoi occhi sul centro della nostra galassia e il risultato è qualcosa che lascia senza fiato. La regione Sagittarius B2, un’immensa nube molecolare situata a poche centinaia di anni luce dal buco nero supermassiccio Sagittarius A*, si è mostrata in tutta la sua straordinaria vitalità. Nonostante contenga solo un decimo del gas presente nel nucleo galattico, questa nube produce da sola circa la metà delle nuove stelle che nascono nel cuore della Via Lattea. Un paradosso che manda in crisi gli astronomi e che apre interrogativi profondi sulla dinamica della formazione stellare. L’immagine diffusa da NASA, ESA e CSA con il contributo dell’Università della Florida mostra una distesa di astri giovani, simili a gemme preziose sparse su un velluto cosmico. Eppure, dietro questo spettacolo abbagliante si nasconde una contraddizione che la scienza ancora non riesce a spiegare.
L’occhio a infrarossi che sfonda le barriere di polvere
Per catturare la scena, il Webb ha usato la sua NirCam, una telecamera a infrarossi capace di penetrare le coltri di polvere che normalmente oscurano queste regioni. A un telescopio ottico tradizionale, infatti, quasi tutte le stelle rimarrebbero invisibili, nascoste dietro i muri di gas e polveri che bloccano la luce visibile. Ma il Webb ha mostrato migliaia di astri neonati, disposti come diamanti su un mosaico oscuro.
Eppure, neppure l’infrarosso riesce a oltrepassare completamente i “muri” più densi di polvere. Dietro quelle barriere impenetrabili si cela probabilmente un numero ancora maggiore di stelle, che amplifica la ricchezza di questa regione. È per questo che Sagittarius B2 appare come la più vasta fabbrica di stelle della Galassia, un’officina cosmica che sembra sfidare le leggi note della fisica stellare.

Il mistero che divide il cuore galattico
L’immagine mozzafiato non è solo estetica, ma anche un enigma scientifico. Adam Ginsburg, astronomo dell’Università della Florida e responsabile del programma che ha permesso lo scatto, ha dichiarato: «I potenti strumenti nell’infrarosso di Webb forniscono dettagli che non siamo mai stati in grado di vedere prima, il che ci aiuterà a comprendere alcuni dei misteri ancora sfuggenti sulla formazione delle stelle massicce e perché Sagittarius B2 sia molto più attiva del resto del centro galattico».
La domanda che tormenta gli studiosi è chiara: perché questa nube, pur povera di gas rispetto al nucleo, riesce a generare così tante stelle? Nessuno ha ancora una risposta certa. La sproporzione tra risorse disponibili e risultati osservati rende Sagittarius B2 un laboratorio naturale unico, capace di mettere in discussione le teorie più consolidate sull’evoluzione delle galassie.
Lo sguardo complementare di NirCam e Miri
Il Webb non si è limitato a usare NirCam. Un’altra immagine spettacolare arriva da Miri, strumento che lavora a lunghezze d’onda ancora più profonde nell’infrarosso. In questa visione, gran parte delle stelle osservate da NirCam scompare, lasciando il palcoscenico a gas e polveri incandescenti, riscaldati dalla radiazione stellare. È un panorama diverso, in cui le strutture interne della nube emergono con precisione mai raggiunta prima.
Nell’angolo in alto a destra, Miri ha catturato nubi di colore rosso intenso che appartengono a Sagittarius B2 Nord, un’area ricchissima di molecole e gas pronti a collassare in nuove stelle. Queste immagini combinate permetteranno agli scienziati di ricostruire la storia della formazione stellare in questa zona: capire se i processi siano cominciati milioni di anni fa o se siano un fenomeno più recente. In entrambi i casi, la portata della scoperta è enorme.
Un enigma che alimenta nuove scoperte
Gli astronomi non nascondono la loro emozione. «Gli esseri umani studiano le stelle da migliaia di anni e c’è ancora molto da capire», afferma Nazar Budaiev, studente e co-ricercatore dell’Università della Florida. «Per tutto ciò che Webb ci sta mostrando di nuovo, ci sono anche nuovi misteri da esplorare, ed è emozionante far parte di questa scoperta in corso».
Il telescopio Webb si conferma così non solo una macchina fotografica spaziale, ma un vero strumento rivoluzionario per la conoscenza umana. Le immagini di Sagittarius B2 diventeranno materia di studio per anni e potranno forse chiarire non solo i meccanismi di nascita delle stelle, ma anche il destino della nostra galassia. Nel frattempo, resta l’incanto: un’immensa culla di luce che, a poche centinaia di anni luce dal buco nero più pericoloso che conosciamo, continua a partorire stelle come se nulla potesse fermarla.
