Indice
- 1 Il Tropilaelaps è più pericoloso del varroa. E’ arrivato in Europa e rischia di distruggere miliardi di api e l’intero settore agricolo
- 2 Dall’Asia all’Europa: il viaggio inarrestabile del tropilaelaps
- 3 Il collasso delle colonie metterebbe in ginocchio l’agricoltura mondiale
- 4 Le differenze con varroa e la difficoltà nel diagnosticarlo
- 5 I trattamenti possibili: acido formico, calore e pause nella covata
- 6 Serve diversità per affrontare un nemico globale
Il Tropilaelaps è più pericoloso del varroa. E’ arrivato in Europa e rischia di distruggere miliardi di api e l’intero settore agricolo
Tutto è iniziato nel 2019, quando l’entomologo statunitense Sammy Ramsey si trovava in Thailandia per studiare le malattie che colpiscono le api mellifere. In alcuni apiari aveva osservato colonie gravemente compromesse, assediate da creature pallide e veloci come zecche in miniatura: gli acari tropilaelaps. Ogni esemplare era più piccolo della punta di una matita, ma agiva con una ferocia fuori scala. Le arnie infestate pullulavano di individui deformi, con ali stropicciate, occhi fuori fase e comportamenti alterati.
Eppure, nel silenzio di un apicoltore locale, Ramsey intuì qualcosa di diverso. In quel piccolo apiario, le api sembravano sane. Dopo un primo momento di diffidenza, il figlio dell’apicoltore lo riconobbe: “Credo sia Black Thai”, disse, indicando Ramsey, noto in Thailandia per i suoi video su YouTube in cui canta in lingua locale. L’incontro si sbloccò e l’uomo rivelò il suo metodo segreto: l’uso mirato di acido formico industriale, capace di penetrare nei favi e colpire gli acari all’interno. Fu l’inizio di una ricerca ancora in corso, ma cruciale.
Dall’Asia all’Europa: il viaggio inarrestabile del tropilaelaps
Il tropilaelaps è stato ufficialmente rilevato in Europa nel 2024, dopo decenni di devastazione in Asia. “La diffusione è così rapida che nessuno può più negare che stia puntando verso l’America”, ha dichiarato Ramsey nel podcast Beekeeping Today.
Originario dell’Asia, l’acaro ha colpito duramente India e Sud-Est asiatico fin dagli anni Sessanta, provocando il crollo di intere colonie. Mentre le api locali avevano imparato a convivere con il parassita, quelle europee – introdotte per la produzione di miele – non avevano difese. Il parassita si diffuse poi in tutta l’Asia settentrionale, il Medio Oriente, l’Oceania e infine in Georgia e sul confine ucraino. Da lì, il passo verso l’America è breve: bastano pochi acari nascosti in uno sciame spedito via nave o aereo.
Il Canada, che importa regine dall’Ucraina, ha già bloccato tutte le spedizioni per prevenire l’arrivo dell’acaro. Ma come spiega Danielle Downey, direttrice di Project Apis m., “una sola femmina potrebbe bastare per infettare un intero continente”. La minaccia è reale, e la finestra per agire si sta chiudendo.

Il collasso delle colonie metterebbe in ginocchio l’agricoltura mondiale
Le api non producono solo miele. Sono il cuore pulsante dell’agricoltura moderna. Oltre 130 colture agricole dipendono dalla loro impollinazione: mandorle, mele, ciliegie, mirtilli, pesche, cetrioli, carote, broccoli, sedano, erbe aromatiche e perfino il foraggio per il bestiame. In totale, le api contribuiscono per oltre 15 miliardi di dollari all’anno solo negli Stati Uniti.
Il 70% delle colonie commerciali viene trasferito in California ogni febbraio per impollinare quasi 1,5 milioni di acri di mandorleti. Senza di loro, la produzione crollerebbe. E con essa l’intera catena alimentare: meno mandorle, meno latte, più carne costosa. Frutta e verdura diventerebbero beni di lusso.
“Non moriremmo di fame”, spiegano gli esperti, “ma la dieta globale cambierebbe radicalmente”. Il mais e il grano sono impollinati dal vento, ma senza le api perderebbero fertilità molte colture chiave per la nutrizione umana e animale.
Le differenze con varroa e la difficoltà nel diagnosticarlo
Molti scambiano i danni da tropilaelaps con quelli causati dal varroa. Ma il nuovo acaro è ancora più insidioso. “È un parassita quasi invisibile, difficile da distinguere da un granello di polvere”, afferma Natasha Garcia-Andersen, biologa di Washington D.C., reduce da una missione in Thailandia.
A differenza del varroa, che attacca una sola volta e si riproduce lentamente, tropilaelaps si riproduce in pochi giorni, morsica ripetutamente creando ferite multiple, e sopravvive anche nei climi freddi, dove in teoria dovrebbe morire. Ma non è così. È stato osservato in Corea, Cina e Georgia, persino durante l’inverno.
“Pensavamo non sopravvivesse in colonie che svernano”, ha ammesso Jeff Pettis, presidente di Apimondia. Gli scienziati sospettano che l’acaro si adatti nutrendosi di altri parassiti o approfittando della minima presenza di larve anche in pieno inverno. Oppure si trasferisce su piccoli roditori presenti negli alveari.
I trattamenti possibili: acido formico, calore e pause nella covata
Ramsey ha avviato in Thailandia il progetto “Fight the Mite” nel 2022. Lì ha testato l’efficacia dell’acido formico, che si infiltra nei favi chiusi e uccide gli acari. Funziona, ma è tossico anche per le api e gli apicoltori. Il calore è un’altra opzione: riscaldare le arnie a oltre 38°C per due ore riduce l’infestazione, ma è rischioso.
In parallelo, l’entomologo Geoff Williams e il suo team stanno testando “tecniche culturali” come l’interruzione strategica dei cicli riproduttivi. Gli apicoltori thailandesi mantengono colonie piccole e, se necessario, buttano via i favi infestati, iniziando da zero. Una prassi impensabile nelle mega-fattorie americane, dove si gestiscono decine di migliaia di alveari.
Tuttavia, si stanno valutando strategie su larga scala come la “refrigerazione indoor”, che obbliga le api a una pausa nella covata. L’obiettivo è evitare che l’acaro sviluppi resistenza, alternando trattamenti diversi. “Non c’è una soluzione unica. Serve una rotazione di attacchi”, afferma Randy Oliver.
Serve diversità per affrontare un nemico globale
Ramsey crede che la diversità scientifica sia essenziale per risolvere problemi complessi. “Studiare gli insetti significa studiare la diversità. La varietà è la nostra arma migliore”. Per affrontare un parassita che sfugge a ogni regola, serve una pluralità di competenze, di origini, di approcci.
Negli Stati Uniti, l’apicoltura è ancora sinonimo di abbondanza: arnie enormi, favi pieni, raccolti generosi. In Thailandia, dove il tropilaelaps è una realtà quotidiana, l’apicoltura è invece un esercizio di sopravvivenza. E quel futuro, secondo molti, potrebbe presto riguardarci tutti.
Fonte:
A New Bee Crisis Could Make Your Food Scarce and Expensive | Scientific American