Indice
- 1 La svolta giapponese che accende la speranza. Uno degli scienziati impegnati nella ricerca: “Siamo all’inizio, ma non consideratela una cura miracolosa”
- 2 Come funziona la terapia con cellule riprogrammate
- 3 I limiti scientifici e clinici del trattamento
- 4 Sicurezza, benefici e rischi: cosa sappiamo davvero
- 5 Il Giappone guida la corsa alle terapie rigenerative
La svolta giapponese che accende la speranza. Uno degli scienziati impegnati nella ricerca: “Siamo all’inizio, ma non consideratela una cura miracolosa”
Un uomo paralizzato è riuscito a tornare in piedi grazie a una rivoluzionaria terapia sperimentale condotta in Giappone, che utilizza cellule staminali pluripotenti indotte (iPS). Il trattamento, sviluppato dal team del professor Hideyuki Okano presso la Keio University di Tokyo, rappresenta un importante passo avanti nella medicina rigenerativa applicata alle lesioni del midollo spinale. La sperimentazione ha coinvolto quattro uomini con paralisi completa causata da gravi traumi spinali, ai quali sono stati iniettati circa due milioni di cellule precursori neurali, derivate da cellule adulte riprogrammate. Dopo dodici mesi, uno dei partecipanti è riuscito a stare in piedi da solo e a muovere nuovamente gli arti inferiori, classificandosi come paziente AIS D, con capacità motorie parzialmente recuperate. Si tratta del primo caso documentato al mondo in cui cellule iPS trapiantate nel midollo abbiano prodotto un miglioramento funzionale così evidente. Un secondo paziente ha mostrato un recupero meno marcato ma comunque incoraggiante, passando da AIS A a AIS C. Gli altri due partecipanti, pur non avendo ottenuto risultati così eclatanti, hanno riportato miglioramenti nella sensibilità e nell’autonomia motoria.
Come funziona la terapia con cellule riprogrammate
La tecnica si basa sull’impiego di cellule iPS, ottenute riprogrammando cellule adulte (come quelle della pelle o del sangue) in uno stato simile a quello embrionale. Una volta “resettate”, queste cellule vengono differenziate in precursori neurali, ossia cellule capaci di trasformarsi in neuroni e altre cellule del sistema nervoso.
Durante l’intervento, queste cellule vengono iniettate nel midollo spinale danneggiato, con l’obiettivo di riparare le connessioni nervose interrotte e ricostruire i circuiti neuronali compromessi. La procedura, approvata dal governo giapponese nel 2021, è stata condotta con rigidi protocolli di sicurezza, proprio per evitare i rischi noti legati alle cellule staminali: tra questi, lo sviluppo di tumori o il rigetto immunitario.
Secondo il dottor Okano, “il nostro obiettivo non è solo migliorare la mobilità, ma ripristinare le funzioni nervose perse, in modo stabile e duraturo”. I risultati preliminari, pubblicati su diverse riviste scientifiche internazionali, indicano che la strategia può essere sicura e avere un potenziale rigenerativo reale, anche se limitato a contesti molto specifici.
I limiti scientifici e clinici del trattamento
Nonostante l’entusiasmo generato dalla notizia, gli stessi ricercatori invitano alla prudenza. La sperimentazione ha coinvolto un numero molto ristretto di pazienti, tutti selezionati in una finestra temporale critica: tra la seconda e la quarta settimana dalla lesione. In questo intervallo, il midollo spinale conserva ancora una certa plasticità biologica, ed è più predisposto a ricevere stimoli rigenerativi.
Non è ancora chiaro se la terapia possa funzionare anche nei casi di paralisi cronica, ossia a distanza di mesi o anni dall’incidente. Inoltre, gli scienziati non possono escludere che parte del recupero osservato sia dovuto alla naturale risposta del corpo, piuttosto che all’azione diretta delle cellule trapiantate.
Un altro punto critico riguarda la riproducibilità dei risultati. “Non possiamo ancora affermare con certezza che tutti i pazienti otterranno benefici simili”, ha dichiarato il team giapponese. Saranno necessari studi clinici più ampi e di lunga durata, per distinguere gli effetti del trattamento da quelli spontanei o casuali.
Sicurezza, benefici e rischi: cosa sappiamo davvero
Finora, nessuno dei partecipanti ha sviluppato effetti collaterali gravi, né sono stati osservati segnali di crescita tumorale nei punti di iniezione. Tuttavia, le cellule iPS sono note per il loro potenziale tumorigenico, motivo per cui i protocolli clinici devono essere estremamente rigidi. In questo studio, le cellule utilizzate sono state ottenute da un donatore sano, sottoposte a controlli genetici avanzati e coltivate in ambiente sterile certificato.
Nonostante queste precauzioni, rimane il rischio teorico che alcune cellule possano trasformarsi in modo anomalo nel tempo, producendo effetti indesiderati anche a distanza di anni. Per questo motivo, i pazienti saranno monitorati regolarmente anche dopo la fine dello studio.
Parallelamente, c’è da considerare anche il costo elevatissimo della terapia: ogni trattamento può superare centinaia di migliaia di euro, rendendolo oggi inaccessibile alla maggior parte dei pazienti. Le tecnologie di produzione e controllo delle cellule iPS non sono ancora scalabili su larga scala, e richiedono risorse di altissimo livello.
Il Giappone guida la corsa alle terapie rigenerative
Il governo giapponese, attraverso l’Agenzia per la medicina rigenerativa, ha da anni investito in modo strategico nelle cellule iPS, ponendosi come leader globale del settore. Il laboratorio del professor Okano, già noto per aver sperimentato terapie su scimmie e modelli animali, è oggi uno dei più avanzati al mondo nel trattamento delle lesioni midollari.
Il loro obiettivo è ora quello di ampliare il trial clinico, includendo decine di nuovi pazienti e sperimentando il trattamento in fasi più avanzate della malattia. Sono già in programma nuove sperimentazioni entro il 2027, con protocolli aggiornati e valutazioni più ampie sugli effetti a lungo termine.
Tuttavia, il Giappone non è l’unico paese attivo in questo campo: anche Stati Uniti, Regno Unito e Corea del Sud stanno conducendo studi analoghi, con risultati ancora preliminari ma promettenti. Il futuro della neurologia rigenerativa potrebbe presto diventare un ambito chiave della medicina globale, soprattutto per condizioni finora considerate irreversibili.
