Medici di base, altro che guadagni da favola: le bufale virali

Altro che 160 mila euro l’anno: ecco quanto guadagna davvero un medico di famiglia, e perché in molti comuni italiani non ce n’è neppure uno

Ogni settimana sui social rimbalza la stessa notizia: “I medici di base guadagnano cifre stellari, fino a 160 mila euro l’anno!”. Titoli accattivanti, con numeri a sei zeri e tabelle senza fonte. Ma la verità, come sempre, è più complessa, e molto meno glamour. Il medico di medicina generale (MMG) non è un dipendente pubblico con stipendio fisso, bensì un libero professionista convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale, pagato a quota capitaria: una somma annuale per ogni paziente in carico. Le cifre reali? In media 70-80 euro l’anno per assistito, che moltiplicati per 1.000 pazienti fanno circa 70-80 mila euro lordi.

Chi ha il numero massimo consentito (1.500 assistiti) può arrivare a 100-110 mila euro, ma il lordo non è il netto. Tasse, contributi ENPAM, affitto dello studio, segreteria, bollette e materiale sanitario riducono la cifra finale anche del 40%. Ecco perché la realtà del reddito medico è molto diversa da quella che circola nei post virali.

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Cifre gonfiate e dati reali

Secondo la FIMMG e il Ministero della Salute, un medico di base con lista piena guadagna in media tra 70 e 90 mila euro lordi all’anno. Dopo tasse e spese, il netto effettivo scende a 35-50 mila euro, cioè l’equivalente di 2.800-4.000 euro al mese.

Molto? Forse. Ma ben lontano dai 160 mila euro indicati da molti articoli sensazionalistici. E soprattutto, non esiste alcuna “tariffa oraria” di 65 euro: il medico non viene pagato a ore, ma in base al numero di assistiti.

Altri errori frequenti riguardano la “settimana corta”: molti credono che il medico lavori 5 ore al giorno per 5 giorni a settimana. In realtà, il contratto impone almeno 20 ore di ambulatorio, ma il lavoro effettivo, tra ricette, referti, visite domiciliari e burocrazia, supera spesso le 40 ore reali. Altro che orari d’oro: il tempo libero è spesso solo un miraggio.

Indennità e compensi extra: quanto pesano davvero

Le voci di compenso aggiuntivo esistono, ma non fanno miracoli. Ci sono le indennità informatiche (circa 300 euro al mese), quelle per assistenza domiciliare e over 75, o i bonus per vaccinazioni e tamponi.

In totale possono aggiungere qualche migliaio di euro all’anno, non decine di migliaia. L’anzianità incide, ma non trasforma i conti: dopo vent’anni di servizio, un medico esperto con piena attività può arrivare a 120 mila euro lordi, una soglia comunque rara.

Le cifre astronomiche diffuse online ignorano un fatto basilare: la gran parte dei medici non ha mai 1.500 pazienti, soprattutto nei piccoli centri dove la popolazione cala e i costi fissi restano invariati. Molti lavorano con 800-1.000 assistiti, con redditi proporzionalmente più bassi.

La carenza dei medici di base in molti comuni italiani

C’è poi un altro dato che nessun titolo clickbait racconta: in decine di comuni italiani il medico di base semplicemente non c’è. In Sardegna, in Piemonte, in aree interne della Campania o della Calabria, i posti convenzionati restano scoperti. Giovani laureati scelgono altri percorsi o lasciano il Paese, e così interi territori restano senza assistenza continuativa. Per molti cittadini, la figura “che ci segue da una vita” è ormai un ricordo.

Oggi trovare un nuovo medico di base può richiedere settimane, e in alcuni casi si devono percorrere chilometri per una semplice ricetta. Altro che guadagni d’oro: il vero problema è che manca il personale, e chi resta deve gestire più pazienti, più scartoffie e più stress.

Cosa c’è di vero e cosa no

Facciamo chiarezza, punto per punto:

  • “Guadagno orario da 65 euro” – FALSO. Non esiste tariffa oraria.
  • “160 mila euro annui” – ECCEZIONALE. Solo in rari casi di liste piene e molte indennità.
  • “5 ore al giorno” – FUORVIANTE. Le ore effettive di lavoro sono spesso più del doppio.
  • “6.000 euro al mese netti” – GONFIATO. Raramente superano i 4.000 netti.
  • “Guadagno sicuro” – FALSO. Le spese incidono pesantemente e variano per area geografica.

La professione resta centrale per la sanità pubblica, ma è lontana dal mito redditizio che molti alimentano. «Il benessere del paziente viene prima del profitto», ripetono spesso i medici di base. E forse è questa la frase che andrebbe messa nei titoli, più che le cifre inventate.

Una figura da valorizzare, non da invidiare

Dietro ogni medico di famiglia ci sono ore di visite, telefonate, burocrazia e pazienti che si fidano da anni. Il sistema sanitario italiano regge ancora in gran parte su di loro, ma la carenza crescente rischia di mandarlo in crisi.

Servirebbero incentivi, meno burocrazia e più rispetto, non polemiche su stipendi inesistenti. La verità, dopo tutto, è semplice: il medico di base non è un privilegiato, ma uno dei pochi punti fermi di un sistema che si sta sfaldando. E chi lo descrive come “ricco e fortunato” probabilmente non ha mai passato una notte a fare visite domiciliari con il telefono che squilla senza sosta.

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