Indice
- 1 L’Alicella gigantea è uno dei crostacei più diffusi al mondo e domina oltre metà degli oceani
- 2 Le caratteristiche di Alicella gigantea e il suo vasto habitat oceanico
- 3 La vera distribuzione globale del gambero gigante svelata dal DNA
- 4 La specie domina oltre metà degli oceani
- 5 Un nuovo scenario per la ricerca sugli animali degli abissi
L’Alicella gigantea è uno dei crostacei più diffusi al mondo e domina oltre metà degli oceani
Per anni Alicella gigantea, il gigantesco crostaceo degli abissi che può raggiungere 34 centimetri di lunghezza, è stato considerato una vera rarità del mondo marino. La sua presenza sfuggente ha alimentato la convinzione che si trattasse di una delle specie più elusive delle profondità oceaniche. Eppure, un nuovo studio pubblicato su Royal Society Open Science dai ricercatori dell’Università dell’Australia Occidentale, ribalta questa idea. Secondo quanto emerso, il gambero gigante degli abissi non solo esiste in una vasta area, ma è addirittura tra le specie di crostacei più diffuse al mondo, popolando oltre la metà degli oceani. Questo risultato sorprende la comunità scientifica e cambia il modo in cui si guarda a una creatura finora avvolta dal mistero: “Alicella gigantea, pur essendo difficile da osservare, occupa una distribuzione globale eccezionale”.
Le caratteristiche di Alicella gigantea e il suo vasto habitat oceanico
I ricercatori sottolineano che Alicella gigantea appartiene al gruppo degli anfipodi, crostacei che ricordano nell’aspetto i gamberi, con corpi snelli e la caratteristica postura curva ad arco. Gli anfipodi rappresentano uno degli ordini di crostacei più variegati: se ne contano oltre 10.000 specie note, adattate a quasi ogni ambiente acquatico della Terra. Protagonisti dei fondali profondi, questi animali si spingono dall’abisso (3.000–6.000 metri) fino alle zone hadali, oltre i 6.000 metri. Tuttavia, la presenza di anfipodi, e in particolare di A. gigantea, si dirada sempre più avvicinandosi al fondo oceanico.
La prima Alicella gigantea fu immortalata in una fotografia nel Pacifico settentrionale, a una profondità di 5.304 metri: l’esemplare, lungo ben 28 cm, rimase però non identificato per lungo tempo. Solo successivamente, grazie a nuovi esemplari recuperati, la specie venne confermata. Per due decenni, però, non si ebbero quasi più avvistamenti, alimentando la convinzione che questa creatura fosse estremamente rara e poco presente, anche perché pochissimi campioni sono stati recuperati dagli scienziati.
La vera distribuzione globale del gambero gigante svelata dal DNA
Nonostante la diffusione in tutti i principali oceani, le informazioni su Alicella gigantea restano frammentarie, soprattutto riguardo la struttura delle popolazioni, la variabilità genetica e l’effettiva demografia. Fino ad oggi, infatti, solo sette studi avevano fornito dati genetici su questa specie.
Lo studio attuale si è posto come obiettivo quello di realizzare la più ampia raccolta globale di dati mai effettuata sulla specie. Gli autori hanno integrato informazioni da fonti già pubblicate e da nuove spedizioni scientifiche, compilando 195 segnalazioni di A. gigantea provenienti da 75 località diverse, distribuite su 15 grandi aree dei fondali del Pacifico, Atlantico e Indiano.
Sono stati analizzati due geni mitocondriali (16S, COI) e un gene nucleare (28S) degli esemplari raccolti, per ottenere un quadro completo sulla distribuzione e sull’evoluzione della specie nel corso del tempo geologico. “L’analisi genetica ha rivelato una sorprendente uniformità tra le popolazioni mondiali di Alicella gigantea, indicando una forte conservazione genetica e supportando l’ipotesi di un’unica specie globale”, sottolineano i ricercatori.
La specie domina oltre metà degli oceani
La rete aplotipica, strumento utilizzato per visualizzare le relazioni genealogiche tra individui, ha evidenziato la presenza di aplotipi condivisi – gruppi di marcatori genetici localizzati sullo stesso cromosoma – e una scarsa differenziazione genetica tra le popolazioni di diverse aree. Il Pacifico è stato identificato come il potenziale habitat principale della specie, dato che il 75% della sua superficie rientra nella profondità ideale per Alicella gigantea.
Lo studio afferma con chiarezza che il cosiddetto “anfipode supergigante”, sebbene venga raccolto raramente, “non può essere considerato una specie rara, poiché popola il 59% degli oceani del pianeta e vanta una distribuzione globale eccezionale”. La ricerca dimostra quindi che l’apparente rarità di questa specie era dovuta più alla difficoltà di avvistamento e raccolta che a una reale scarsità di esemplari nelle profondità marine.
Un nuovo scenario per la ricerca sugli animali degli abissi
Gli autori concludono che, mettendo a confronto i marcatori molecolari dei nuovi esemplari con quelli dei database già esistenti, “questa indagine getta le basi per lo sviluppo di una vera e propria ipotesi globale di specie, che potrà essere messa alla prova in futuro”.
Questi risultati aprono la strada a ulteriori ricerche, con l’obiettivo di svelare i segreti dell’evoluzione e dell’adattamento di una delle creature più enigmatiche degli abissi. Comprendere la reale distribuzione e la genetica di A. gigantea sarà cruciale per migliorare le strategie di tutela delle biodiversità marine profonde e per approfondire le dinamiche di colonizzazione degli habitat estremi.
Fonte: