Indice
- 1 Il glicogeno cerebrale potrebbe essere coinvolto nella progressione della malattia neurodegenerativa
- 2 Il cervello malato accumula zucchero in eccesso
- 3 Un nuovo bersaglio terapeutico per combattere l’Alzheimer
- 4 Metabolismo cerebrale e demenza: una connessione da esplorare
- 5 Zucchero e Alzheimer, una relazione da riscrivere
Il glicogeno cerebrale potrebbe essere coinvolto nella progressione della malattia neurodegenerativa
Lo zucchero, e in particolare il glicogeno, potrebbe giocare un ruolo chiave nell’evoluzione dell’Alzheimer e di altre forme di demenza. A suggerirlo è uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Metabolism, condotto da un team del Buck Institute for Research on Aging, in California. La ricerca, che ha utilizzato sia cellule umane in vitro che modelli animali come le mosche, ha messo in luce come i neuroni brucino gli zuccheri in maniera molto diversa da quanto si pensava finora, aprendo nuove prospettive nella comprensione e nel trattamento delle patologie neurodegenerative. In particolare, gli scienziati hanno evidenziato un legame diretto tra metabolismo del glucosio e accumulo delle proteine tossiche tipiche dell’Alzheimer, modificando radicalmente l’idea del ruolo dello zucchero nel cervello.
Per anni si è ritenuto che il glicogeno avesse un ruolo secondario nel cervello umano. Essendo una riserva di energia sotto forma di zucchero complesso, presente soprattutto nel fegato e nei muscoli, si pensava che nel cervello la sua presenza fosse marginale. Tuttavia, lo studio appena pubblicato sfida questa convinzione. Il coordinatore della ricerca, Pankaj Kapahi, spiega: “Questo nuovo studio mette in discussione questa visione, e lo fa con implicazioni sorprendenti”, sottolineando che “il glicogeno non si limita a rimanere inerte nel cervello, è coinvolto nelle sue patologie”.
Il cervello malato accumula zucchero in eccesso
I ricercatori hanno osservato un dato allarmante: nei cervelli colpiti da Alzheimer si accumulano quantità eccessive di glicogeno. Questo zucchero, invece di essere consumato come riserva energetica, resta intrappolato. Il motivo è la presenza della proteina tau, una delle principali responsabili della degenerazione neuronale, che si lega direttamente al glicogeno, bloccandone il metabolismo. Questo meccanismo non solo impedisce alle cellule nervose di usare l’energia disponibile, ma favorisce anche l’accumulo di ulteriori proteine tossiche, innescando un circolo vizioso.
Dividendo l’esperimento in due fasi, su mosche geneticamente modificate e neuroni derivati da cellule staminali umane, gli scienziati sono riusciti a riprodurre fedelmente il processo patologico. Quando il glicogeno veniva “liberato” dall’interazione con tau e l’enzima deputato alla sua degradazione tornava attivo, si osservava una significativa riduzione della tossicità neuronale. I risultati sono stati coerenti sia nei modelli animali sia nelle cellule umane coltivate in laboratorio.
Un nuovo bersaglio terapeutico per combattere l’Alzheimer
L’importanza dello studio va oltre la semplice osservazione di un fenomeno metabolico. La possibilità di agire sull’enzima che controlla il metabolismo del glicogeno potrebbe aprire nuove strategie terapeutiche. Se confermata, questa scoperta renderebbe possibile intervenire in fase precoce, impedendo che l’accumulo di glicogeno favorisca la cascata patologica dell’Alzheimer.
Nel dettaglio, lo studio suggerisce che modulare il metabolismo zuccherino nel cervello potrebbe rappresentare una leva terapeutica per interrompere il legame tra glicogeno e proteina tau. I ricercatori sottolineano come il meccanismo individuato sia potenzialmente comune ad altre forme di demenza e che questa pista meriti ora ulteriori indagini cliniche. “Liberare i depositi di zucchero e ristabilire l’attività enzimatica necessaria ha effetti benefici diretti”, spiegano gli autori, che hanno già avviato nuove ricerche per identificare molecole capaci di svolgere questa funzione.
Metabolismo cerebrale e demenza: una connessione da esplorare
Questa scoperta, che riguarda il modo in cui il cervello gestisce le proprie riserve energetiche, suggerisce un radicale cambio di paradigma nella lotta alle malattie neurodegenerative. L’ipotesi che lo zucchero non sia solo una fonte di energia, ma anche un elemento patogenico, offre spunti inediti per la ricerca.
- Da un lato, la ricerca apre la strada a nuove diagnosi precoci, basate su indicatori metabolici;
- Dall’altro, pone le basi per terapie mirate che agiscano su glicogeno e tau anziché solo sui sintomi.
Il team californiano ha già evidenziato come modificare la disponibilità di glicogeno nei neuroni influenzi anche l’aggregazione proteica, vero e proprio marchio distintivo dell’Alzheimer. Questo suggerisce che il metabolismo dello zucchero potrebbe essere un “anello mancante” nella comprensione della progressione della malattia.
Zucchero e Alzheimer, una relazione da riscrivere
Il lavoro pubblicato su Nature Metabolism segna una svolta importante nella comprensione dei processi cerebrali legati all’invecchiamento e alle patologie neurodegenerative. La possibilità che un eccesso di glicogeno nel cervello sia non solo una conseguenza ma anche un motore della demenza cambia le regole del gioco. In futuro, sarà fondamentale verificare se i risultati ottenuti su modelli animali potranno essere tradotti in terapie efficaci per l’uomo. Ma una cosa è chiara: lo zucchero ha appena ottenuto un ruolo da protagonista nella ricerca sull’Alzheimer.