Una “super” vitamina K rigenera il cervello

Stimola la crescita dei neuroni, ma siamo davvero vicini a curare Alzheimer e Parkinson? Ecco cosa dice lo studio pubblicato su ACS Chemical Neuroscience

Può davvero una vitamina K “potenziata” aiutare il cervello a ripararsi da solo? La domanda è rimbalzata sui media dopo la pubblicazione di una ricerca condotta dal Shibaura Institute of Technology di Tokyo e diffusa su ACS Chemical Neuroscience. Lo studio, intitolato A New Class of Vitamin K Analogues Containing the Side Chain of Retinoic Acid, ha effettivamente mostrato risultati sorprendenti nei test di laboratorio, ma molti titoli apparsi online hanno volutamente esagerato i risultati, trasformando una scoperta preliminare in una promessa terapeutica ancora lontana.

I ricercatori giapponesi hanno creato 12 nuovi analoghi sintetici della vitamina K, combinandoli con acido retinoico – una sostanza derivata dalla vitamina A – per potenziare l’attività neuronale. Una di queste molecole, soprannominata Novel VK, ha mostrato la capacità di favorire la differenziazione delle cellule staminali neurali, cioè il processo con cui diventano veri e propri neuroni maturi. Inoltre, ha superato con successo la barriera emato-encefalica, un traguardo chiave per ogni molecola destinata a trattare malattie cerebrali. Fin qui tutto vero. Ma attenzione: la sperimentazione è stata condotta su cellule e modelli animali, non sull’uomo. Parlare di “rigenerazione cerebrale” è quindi ancora prematuro.

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Cos’è davvero la “vitamina K supercaricata”

Il termine “vitamina K potenziata” suona bene, ma non è scientifico. Si tratta in realtà di analogi di sintesi, cioè versioni modificate in laboratorio della vitamina naturale. Alcuni di essi, spiegano gli autori, sono riusciti a triplicare la capacità di trasformare cellule progenitrici in neuroni rispetto alla vitamina K standard (MK-4).

Abbiamo osservato un incremento significativo dell’attività neuronale e della conversione in forma bioattiva MK-4”, ha spiegato il coordinatore dello studio, professor Yoshihisa Hirota. “Questi risultati indicano che i nuovi composti possono attraversare il cervello e mantenere concentrazioni elevate più a lungo”.

In altre parole, si tratta di molecole più stabili e biodisponibili, capaci di restare attive nel cervello più a lungo e di attivare il recettore mGluR1, già noto per regolare la comunicazione tra le cellule nervose.

Una scoperta promettente ma ancora sperimentale

È qui che serve prudenza. La ricerca è ancora in fase pre-clinica, e nessuna delle nuove molecole è stata testata sugli esseri umani. Non esiste dunque un farmaco, un integratore o una terapia approvata a base di “vitamina K potenziata”. Gli autori stessi raccomandano cautela: “Ulteriori studi sono necessari per valutare la sicurezza e l’efficacia clinica di questi composti”.

Va ricordato che la vitamina K naturale – presente in alimenti come cavoli, spinaci, fegato e oli vegetali – svolge funzioni già note nella coagulazione del sangue e nella salute delle ossa, ma anche nel metabolismo cerebrale. Diversi studi precedenti avevano suggerito un legame tra i livelli di vitamina K e la funzione cognitiva, ma finora nessuna evidenza clinica ha dimostrato che l’assunzione di integratori possa rigenerare i neuroni.

L’idea di una vitamina che “ripara il cervello” è affascinante, ma rischia di trasformarsi in disinformazione se non si distinguono le ricerche di laboratorio dalle applicazioni mediche reali.

Dalla promessa alla terapia: la lunga strada della ricerca

Per trasformare la scoperta in una terapia concreta serviranno anni di studi e trial clinici, con fasi di test rigorose per verificare sicurezza, efficacia e dosaggi. I ricercatori giapponesi sperano che i nuovi composti possano un giorno aiutare a sviluppare farmaci in grado di rallentare o invertire la degenerazione neuronale, ma al momento è solo una ipotesi scientifica.

È importante anche sottolineare che non tutte le molecole che mostrano effetti rigenerativi in vitro riescono a riprodurli nel cervello umano, un ambiente complesso e protetto da barriere fisiologiche molto selettive.

Ciò che rende interessante questo lavoro, semmai, è l’approccio combinato: unire vitamina K e acido retinoico per creare ibridi più potenti e selettivi apre un nuovo capitolo nella chimica delle vitamine e nella medicina rigenerativa.

Tra speranza e realtà: cosa possiamo davvero aspettarci

Il professor Hirota riassume con lucidità i limiti e le potenzialità del progetto: “Un farmaco derivato dalla vitamina K che rallenti la progressione dell’Alzheimer o ne migliori i sintomi potrebbe cambiare radicalmente la qualità di vita dei pazienti”. Una frase che molti media hanno riportato come se si trattasse di una promessa, ma che in realtà è solo un auspicio. Oggi non esiste alcuna prova che una molecola di questo tipo possa curare l’Alzheimer, né tantomeno invertire il Parkinson. Tuttavia, lo studio rappresenta un segnale importante: la ricerca neurologica si sta spostando dalla semplice protezione dei neuroni alla loro rigenerazione, un obiettivo che fino a pochi anni fa sembrava impossibile.

Fonte:

Science Daily – Supercharged vitamin k could help the brain heal itself. Engineered vitamin K analogues could spark neuron regeneration, and new hope for reversing neurodegenerative decline

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