Vincentelli: “La vera rivoluzione dell’IA deve ancora arrivare”

Il professore dell’Università di California Berkeley: “Questa è solo la prima tappa. Ecco cosa accadrà con la Physical e la Science AI”

La corsa all’Intelligenza Artificiale è appena cominciata. E secondo Alberto Vincentelli, professore dell’Università di California Berkeley, ciò che stiamo vedendo oggi con ChatGPT o Gemini è solo l’antipasto. “Non abbiamo ancora sperimentato la forza disruptive dell’IA”, ha dichiarato durante il panel sull’Intelligenza Artificiale organizzato da Elt Group nel quadro di Sea Future 2025. Secondo Vincentelli, l’attuale Generative AI rappresenta solo una minima parte del potenziale economico e industriale della tecnologia. “Il valore economico dell’Intelligenza Artificiale è enorme: tra 2,6 e 4,4 trilioni di dollari”, ha spiegato. Ma la vera rivoluzione non arriverà dai chatbot: sarà la Physical AI e, successivamente, la Science AI a cambiare tutto. Nelle sue parole si intravede una visione che va oltre il software e tocca il cuore della materia.

La seconda e terza generazione dell’Intelligenza Artificiale non si limiteranno a scrivere testi o immagini, ma permetteranno a sistemi fisici diversi – auto, droni, robot – di collaborare tra loro, creando veri e propri sciami intelligenti. Una trasformazione che, secondo il professore, avrà un impatto paragonabile a quello della rivoluzione industriale.

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Physical AI: la tecnologia che abiterà gli oggetti

Il futuro dell’IA, sostiene Vincentelli, non sarà confinato negli schermi o nei server. Sarà tangibile, integrato nelle cose di ogni giorno. “La Physical AI sarà un mercato molto più grande dell’attuale, e si affermerà nei prossimi due-sette anni”, ha dichiarato. Si tratta di oggetti comuni dotati di chip intelligenti, capaci di risolvere problemi autonomamente, adattandosi al contesto e interagendo con altri dispositivi. È la nascita di un ecosistema in cui macchine, sensori e software si fondono per creare soluzioni dinamiche e adattive.

Ma la visione di Vincentelli non si ferma qui. “La terza ondata riguarderà la Science dell’IA, cioè l’applicazione del machine learning al mondo fisico, alla chimica, alla farmaceutica e ai fenomeni quantistici”, ha spiegato. La scienza, potenziata dall’intelligenza artificiale, potrà generare nuove molecole, farmaci e materiali, accelerando la ricerca in modi oggi impensabili. Tuttavia, per vincere questa sfida serviranno “grandi numeri”, come ha precisato il professore: più dati, più capacità di calcolo e una collaborazione globale tra università e industria.

Costruire sul sapere esistente per liberare l’IA

Per Vincentelli, l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale non passa da una rottura, ma da una costruzione progressiva. “Il vero valore è costruire su quello che abbiamo realizzato fino adesso, per accelerare lo sviluppo dell’IA”, ha spiegato.

Secondo il docente, la base matematica è solida, ma va estesa con modelli più efficienti. Qui entrano in gioco gli AI Agents, sistemi che combinano conoscenze provenienti da domini diversi per creare modelli complessi e integrati. È un approccio modulare, dove ogni innovazione si appoggia alle conquiste precedenti, creando una rete cognitiva in continua espansione.

Vincentelli ha anche sottolineato come il futuro dell’AI dipenda non solo dal software, ma da un’infrastruttura tecnologica adeguata: potenza di calcolo, chip avanzati e nuovi paradigmi energetici. Ed è proprio questo il nodo successivo.

Energia e infrastrutture: il tallone d’Achille dell’IA

L’Intelligenza Artificiale consuma enormi quantità di energia. Una sfida spesso sottovalutata ma cruciale. “Se continueremo a sfruttare l’AI con i modelli attuali non basteranno le fonti di energia per alimentarla”, ha avvertito Vincentelli. Le sue parole trovano riscontro nei dati: i data center mondiali consumano già oltre il 3% dell’elettricità globale. “Microsoft ha comprato Three Mile Island”, ha ricordato, “a dimostrazione che non basta il software: serve un’infrastruttura hardware e una strategia energetica sostenibile”.

Oggi, la maggior parte degli investimenti si concentra proprio sui data center, ma la domanda è inquietante: cosa accadrà quando si raggiungerà la saturazione? Il rischio è di costruire un’economia dell’AI che si auto-soffoca per mancanza di energia e materiali, un paradosso che solo una nuova generazione di processori e algoritmi efficienti potrà evitare.

Come interrogare correttamente l’IA

Altro tema cruciale, spiega Vincentelli, è il modo in cui poniamo le domande all’IA. “La Generative IA ha cambiato radicalmente il problema”, ha detto. “Ha associato alle parole un vettore di numeri per replicare il linguaggio umano basandosi sulla probabilità delle risposte”.
Un approccio affascinante ma non infallibile: la forma può essere perfetta, ma “nessuno garantisce che la risposta sia giusta”. È il paradosso del linguaggio statistico, dove il senso è simulato più che compreso. Per questo, sottolinea il professore, sarà fondamentale sviluppare capacità critiche in chi utilizza questi strumenti, distinguendo tra plausibilità linguistica e verità fattuale.

Capitale umano e conoscenza al centro

L’ultimo messaggio di Vincentelli è forse il più umano. Nonostante le potenzialità della macchina, il cuore dell’innovazione resta l’uomo. “Servono persone che conoscano le limitazioni della tecnologia”, ha ribadito. Le grandi aziende lo sanno: “Meta paga più di un milione di dollari all’anno esperti che conoscono davvero il settore”. Ma non basta reclutare talenti: bisogna metterli nelle condizioni di fare la differenza, di guidare il cambiamento e non subirlo. La rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale, conclude Vincentelli, non sarà solo tecnologica. Sarà soprattutto organizzativa e culturale.

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