Primo caso di vaiolo delle scimmie in Italia

La variante Mpox Clade 1b è più aggressiva, si diffonde più rapidamente e può essere più grave. Come si trasmette e quali sono i sintomi

Il vaiolo delle scimmie, conosciuto anche come Mpox, torna a far parlare di sé con una nuova variante genetica che desta crescente preoccupazione. Si tratta del clade 1b, un ceppo mutato del virus che ha già superato i confini africani ed è stato individuato anche in alcuni Paesi europei, in Asia e negli Stati Uniti. Rispetto alle varianti precedenti, questa forma risulta più facilmente trasmissibile e può portare a complicazioni più gravi. Il ceppo clade 1b rappresenta un’evoluzione del clade 1, già noto per la sua pericolosità, ma ulteriormente modificato da mutazioni genetiche che suggeriscono un adattamento progressivo del virus agli esseri umani. Le sue caratteristiche hanno spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a classificare il rischio globale come “alto”, almeno per questa variante specifica.

A differenza dell’epidemia esplosa nel 2022, legata a ceppi meno aggressivi, la diffusione attuale del virus pone nuovi interrogativi su prevenzione, monitoraggio e gestione dei casi. Secondo i dati epidemiologici più recenti, il clade 1b è stato individuato per la prima volta nella provincia del Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Da lì ha cominciato a diffondersi a macchia d’olio, soprattutto a causa di viaggi internazionali, che ne hanno favorito l’importazione in altri continenti.

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Perché il clade 1b è considerato più pericoloso

A rendere preoccupante questa nuova variante è la presenza di mutazioni Apobec-3, che indicano una possibile evoluzione del virus verso una maggiore affinità con l’uomo. Questo fattore contribuisce a una maggiore trasmissibilità tra individui e a una sintomatologia più severa. I sintomi possono comparire entro una settimana dal contagio, ma in alcuni casi si manifestano fino a 21 giorni dopo l’esposizione.

L’infezione da clade 1b si presenta generalmente con febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di gola, linfonodi ingrossati ed eruzioni cutanee, che spesso iniziano dal volto per poi diffondersi su tutto il corpo, comprese mani, piedi e aree genitali. L’eruzione evolve da macchie piatte a vescicole pruriginose o dolenti, che col tempo si seccano e cadono.

Come si trasmette il vaiolo delle scimmie

Il virus Mpox si diffonde attraverso il contatto diretto con una persona infetta, tramite pelle o mucose, ma anche attraverso oggetti contaminati, indumenti, lenzuola o superfici. La trasmissione per via respiratoria è possibile, anche se meno frequente, soprattutto in caso di esposizione prolungata.

La trasmissione zoonotica, cioè da animale a uomo, rimane una modalità rilevante nei contesti rurali di alcuni Paesi africani. Tuttavia, oggi la preoccupazione principale riguarda la trasmissione interumana, in particolare in ambienti comunitari o sanitari dove possono verificarsi catene di contatto difficili da interrompere.

La situazione globale e la risposta sanitaria

L’OMS ha reso noto che oltre 75 Paesi hanno segnalato almeno un caso di Mpox dall’inizio dell’anno. La maggior parte dei casi continua a concentrarsi nel continente africano, in particolare in Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Sierra Leone e Burundi, ma nuovi focolai stanno emergendo altrove. La comunità internazionale monitora con attenzione l’evoluzione del ceppo 1b.

Secondo i dati più aggiornati, sono più di 24.000 i casi registrati nel mondo nel 2025, con oltre 80 decessi associati a diverse varianti del virus. Il Comitato di Emergenza dell’OMS ha ribadito che l’incremento dei contagi, soprattutto di clade 1b, rappresenta una minaccia concreta. “Il rischio per la salute pubblica è attualmente alto per questa variante”, ha dichiarato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Prevenzione, cure e vaccino: cosa sappiamo

Attualmente non esiste una cura specifica per il vaiolo delle scimmie, ma il trattamento si concentra sulla gestione dei sintomi, soprattutto nelle forme più gravi che coinvolgono la pelle e il sistema linfatico. I casi lievi vengono generalmente trattati con analgesici, antipiretici e, in alcuni casi, antivirali.

Un’importante arma di prevenzione è la vaccinazione: il preparato Imvanex, disponibile anche in Italia, può essere somministrato fino a 14 giorni dopo un possibile contatto, sebbene la massima efficacia si ottenga entro i primi 4 giorni. Il vaccino può contribuire a contenere la diffusione del virus, in particolare in ambienti a rischio come ospedali, centri comunitari e contesti familiari.

Cosa fare in caso di sospetto contagio

Chiunque abbia avuto contatti a rischio o manifesti i sintomi tipici del vaiolo delle scimmie dovrebbe evitare i contatti ravvicinati, consultare il medico e, se necessario, sottoporsi a test specifici. L’isolamento tempestivo è cruciale per evitare nuove catene di trasmissione. La diagnosi avviene tramite test PCR specifici, disponibili presso i laboratori autorizzati. Le autorità sanitarie raccomandano inoltre di non sottovalutare eventuali eruzioni cutanee o febbre improvvisa dopo viaggi in aree a rischio. La sorveglianza epidemiologica, il tracciamento dei contatti e la responsabilità individuale sono oggi strumenti fondamentali per contenere la diffusione del virus.

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