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Voci clonate, video fake e richieste disperate: le truffe con l’IA crescono del 456%. Gli anziani finiscono nella rete
“Mamma, mamma, mio marito ha fatto un incidente”. La voce spezzata, carica di angoscia, arriva all’improvviso al telefono di Luciana Gaiotto, 84 anni, di Treviso. La donna, convinta di ascoltare la figlia, precipita nel panico: le chiedono 30mila euro per salvare la vita del genero. Solo dopo capirà che quella voce non era affatto di un familiare, ma il risultato di un software di clonazione vocale basato sull’intelligenza artificiale. Il caso non è isolato: secondo i dati raccolti da Chainabuse, tra maggio 2024 e aprile 2025 le segnalazioni di frodi che sfruttano sistemi di IA generativa sono aumentate del 456% rispetto allo stesso periodo precedente. Numeri da capogiro che raccontano una realtà inquietante: la tecnologia, usata in modo criminale, diventa un’arma perfetta per ingannare chi non ha strumenti per difendersi.
I truffatori attingono senza pudore alla vita privata delle vittime, scavando nei contenuti pubblicati sui social network. Da un semplice video riescono a creare cloni vocali, capaci di ingannare anche l’orecchio più allenato. Altri si spingono oltre: allestiscono videochiamate deepfake, dove i loro volti vengono sostituiti con quelli di figli, nipoti o amici delle vittime. Un gioco perverso che, in un mondo in cui la linea tra realtà e finzione diventa sempre più sottile, lascia gli anziani in balia di trappole quasi impossibili da smascherare.
Anziani soli, bersagli perfetti della rete
Il fenomeno si innesta su una condizione sociale già fragile. Secondo la sorveglianza Passi d’Argento dell’ISS, il 15% degli anziani italiani – oltre due milioni di persone sopra i 65 anni – vive in condizioni di isolamento. In alcune aree del Paese, soprattutto nel Sud, la percentuale sale fino a uno su tre. Significa milioni di uomini e donne che non hanno più una rete familiare o sociale solida. Un terreno fertile per chi, nascosto dietro uno schermo, cerca la sua prossima vittima.
In assenza di relazioni reali, l’anziano rischia di sostituirle con rapporti digitali. E quando questi rapporti sono costruiti sull’inganno, il crollo emotivo è devastante. Ma il rischio non si limita alla truffa economica: si parla anche di dipendenza dagli assistenti virtuali, e in prospettiva dai robot domestici. Una compagnia artificiale che può sembrare una cura contro la solitudine, ma che, se non controllata, amplifica l’isolamento. Come avverte lo psichiatra Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia: “Se un caregiver nota un processo di chiusura rispetto al mondo bisogna intervenire. Un anziano che, attraverso il suo rapporto con l’IA, si lega alla macchina, non si muove e taglia le relazioni reali, rischia di non essere più in grado di ricevere gli stimoli che il mondo gli dà e che sono necessari per non diventare dementi”.
Il lato utile dell’intelligenza artificiale
Nonostante le ombre, l’IA non è solo sinonimo di truffa o alienazione. In ambito medico può diventare una risorsa preziosa. “Le prospettive offerte dall’intelligenza artificiale per la cura degli anziani sono enormi”, ribadisce Trabucchi. Con una popolazione che invecchia e una disponibilità di medici in calo, i sistemi di analisi avanzata possono rappresentare un supporto fondamentale.
L’IA è in grado di elaborare grandi quantità di dati clinici, genetici, ambientali e comportamentali, producendo valutazioni che un singolo professionista faticherebbe a ottenere. Dalla lettura di un elettrocardiogramma a quella di una PET cerebrale, passando per l’analisi dei movimenti e delle espressioni facciali, queste tecnologie permettono di individuare i segnali precoci di patologie gravi come il morbo di Parkinson. Non si tratta solo di diagnostica: l’IA può proporre percorsi di prevenzione personalizzati, suggerendo stili di vita, test o farmaci calibrati sul profilo unico di ciascun paziente.
Chatbot e dispositivi che aiutano ogni giorno
Un altro fronte riguarda la gestione quotidiana della salute. Chatbot, applicazioni e dispositivi indossabili possono seguire gli anziani passo dopo passo. Ricordano di assumere i farmaci, di misurare la pressione o il livello di glucosio, e inviano avvisi in caso di anomalie. Allo stesso tempo offrono un supporto emotivo: una voce che risponde, che fornisce consigli, che rassicura. Un aiuto concreto per chi vive solo o ha difficoltà di memoria.
Eppure anche qui il confine resta sottile. La tecnologia non deve diventare un sostituto dell’umanità, ma uno strumento al suo servizio. Trabucchi lo chiarisce con decisione: “L’IA sarà importantissima per fornire una base sulla quale l’individuo e il medico prenderanno una decisione libera. Le potenzialità sono enormi ma alla fine deve essere l’intelligenza umana, la morale, la spiritualità a decidere”. In altre parole, la macchina può raccogliere e organizzare i dati, ma la responsabilità ultima non può che restare all’essere umano.
Una sfida tra inganno e speranza
La storia di Luciana e le statistiche sulle truffe mostrano il lato oscuro di una tecnologia che, se lasciata senza regole, può trasformarsi in un incubo. Ma le stesse tecniche che oggi generano voci clonate e video falsi potrebbero, domani, contribuire a diagnosticare tumori precoci, salvare vite, migliorare la qualità dell’assistenza. Tutto dipenderà dall’uso che ne verrà fatto. La sfida è duplice: proteggere i più fragili dai raggiri e, allo stesso tempo, garantire che la rivoluzione dell’IA non diventi un privilegio per pochi, ma un’opportunità per tutti.
