Indice
- 1 Il 25 giugno attesa una tempesta geomagnetica G1 causata da un’ampia regione aperta nella corona solare rivolta verso il nostro pianeta
- 2 Impatti possibili tra aurore, satelliti e animali migratori
- 3 Cosa sono i buchi coronali e come nascono
- 4 La corona solare e il suo ruolo nel meteo spaziale
- 5 Sorveglianza continua per prevenire danni
Il 25 giugno attesa una tempesta geomagnetica G1 causata da un’ampia regione aperta nella corona solare rivolta verso il nostro pianeta
Un enorme buco coronale è attualmente visibile al centro del disco solare e si trova frontalmente allineato alla Terra. Questo allineamento ha spinto gli scienziati dello Space Weather Prediction Center della NOAA a emettere un’allerta per l’arrivo di una tempesta geomagnetica, prevista per mercoledì 25 giugno. Non si tratta di un evento estremo, ma secondo le attuali proiezioni sarà una tempesta di classe G1, ovvero di livello minore. Il fenomeno è causato dall’emissione di vento solare a bassa velocità che fuoriesce dalle regioni più esterne e aperte del campo magnetico del Sole, note appunto come buchi coronali. Diversamente dalle espulsioni di massa coronale (CME), che possono originarsi da potenti brillamenti solari e provocare tempeste ben più intense, i buchi coronali generano disturbi magnetici più contenuti. Tuttavia, anche eventi classificati G1 possono influenzare infrastrutture e ambienti naturali, specialmente se si prolungano nel tempo.
Impatti possibili tra aurore, satelliti e animali migratori
La NOAA spiega che le tempeste G1, pur rientrando nella fascia bassa di pericolosità, possono generare interferenze alle reti elettriche nelle regioni ad alta latitudine. Possono inoltre disturbare le operazioni satellitari e la propagazione dei segnali radio. Gli effetti non si limitano però alla tecnologia: gli animali che si orientano attraverso il campo magnetico terrestre – in particolare quelli migratori come cetacei e uccelli marini – potrebbero manifestare comportamenti anomali. Inoltre, durante questi eventi si verifica spesso un aumento dell’intensità e dell’estensione delle aurore polari, visibili anche in aree più a sud del normale.
L’astrofisico Tony Phillips, fondatore del portale specializzato Spaceweather.com, ha osservato che il 25 giugno le aurore saranno probabilmente più spettacolari nell’emisfero australe, grazie alla lunga notte invernale che favorisce l’osservazione del cielo. In quell’emisfero, infatti, è appena iniziata la stagione fredda, con giornate molto corte o del tutto assenti, come accade al Polo Sud, dove la notte polare durerà per mesi.
Cosa sono i buchi coronali e come nascono
Il buco coronale attualmente visibile sul Sole è una regione di dimensioni colossali, larga centinaia di migliaia di chilometri. Queste strutture appaiono scure nelle immagini ai raggi X o nell’estremo ultravioletto perché il plasma in quelle zone è più freddo e meno denso rispetto all’ambiente circostante. Tuttavia, non si tratta di “buchi” veri e propri, ma di aree in cui il campo magnetico solare risulta aperto, consentendo al plasma carico elettricamente di fluire liberamente nello spazio sotto forma di vento solare.
È proprio questo flusso di particelle ionizzate ad alimentare le tempeste geomagnetiche sulla Terra, la cui intensità dipende dalla velocità e densità del vento. Nei casi più gravi, una tempesta di classe G5 può causare gravi danni a reti elettriche, comunicazioni, GPS e satelliti, riportandoci, secondo alcuni esperti, a un vero e proprio “medioevo tecnologico”.
La corona solare e il suo ruolo nel meteo spaziale
I buchi coronali si formano nella corona solare, la parte più esterna e meno compresa dell’atmosfera solare. A differenza della fotosfera, la superficie visibile del Sole che raggiunge i 5.500 °C, la corona può toccare temperature di milioni di gradi. Questa apparente anomalia termica è uno dei grandi misteri ancora irrisolti della fisica solare.
Durante i massimi solari, come quello che stiamo vivendo, la frequenza dei buchi coronali tende ad aumentare. Questi eventi, anche se meno violenti delle CME, possono ripetersi frequentemente e quindi incidere a lungo termine sulla stabilità magnetica terrestre. Per questo motivo, sono costantemente monitorati da agenzie spaziali e centri di sorveglianza come la NOAA e la NASA.
Sorveglianza continua per prevenire danni
L’attenzione resta alta. Le autorità statunitensi, europee e internazionali monitorano il Sole in tempo reale per rilevare variazioni nel vento solare e nei campi magnetici che potrebbero anticipare eventi più intensi. Anche se la tempesta prevista per il 25 giugno sarà di tipo G1, i tecnici non escludono l’arrivo di ulteriori emissioni nei prossimi giorni. Il rischio, in particolare, riguarda l’accumulo di eventi minori che, sommati, possono mettere sotto pressione infrastrutture sensibili come centrali elettriche, stazioni radar e satelliti in orbita bassa.
Per il momento, non sono previste interruzioni significative, ma è bene mantenere alta la sorveglianza. Nel frattempo, chi si trova in alta latitudine potrà forse godersi uno spettacolo naturale di straordinaria bellezza, reso possibile proprio dall’interazione tra Sole e campo magnetico terrestre.
Fonte:
NASA