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Uno studio rivela che la solitudine persistente può bloccare lo sviluppo cognitivo già tra i 25 e i 65 anni
La solitudine cronica può danneggiare la salute cognitiva anche in età giovane e adulta. A sostenerlo è un nuovo studio condotto dal Dipartimento di Sviluppo Umano e Studi Familiari della Penn State University e pubblicato su BMC Public Health. I ricercatori hanno seguito 172 partecipanti tra i 25 e i 65 anni per due anni, monitorando le loro capacità cognitive attraverso una serie di test svolti su app mobili. I risultati hanno mostrato che chi non soffriva di solitudine cronica ha migliorato le proprie prestazioni cognitive nel tempo, mentre chi viveva una solitudine prolungata non ha mostrato progressi. “La solitudine è un’esperienza universale, ma quando diventa cronica, può minare le funzioni cognitive”, ha spiegato Jee eun Kang, prima autrice dello studio.
Il cervello si adatta, ma non sempre
Gli esercizi mentali, chiamati “brain games”, sono stati ripetuti più volte al giorno per due settimane, per tre ondate annuali di rilevazione. Questo tipo di test tende, di norma, a produrre miglioramenti per semplice familiarità.
Ma nel gruppo dei partecipanti cronici solitari, questo miglioramento atteso non si è verificato. Secondo Martin Sliwinski, co-autore dello studio, “è normale aspettarsi miglioramenti nelle prove ripetute, ma non per chi è cronicamente solo”. Questo fenomeno potrebbe essere un segnale precoce di deterioramento cognitivo futuro, simile a quanto osservato negli anziani affetti da malattie neurodegenerative.
Come si misura la solitudine
Nel progetto ESCAPE, la solitudine è stata misurata tramite questionari cartacei, nei quali i partecipanti hanno risposto a frasi come “Mi sento escluso”, su una scala da 1 a 5. Chi ha ottenuto punteggi elevati in almeno due rilevazioni consecutive è stato classificato come cronicamente solo. In questi soggetti, l’assenza di miglioramento nei test cognitivi ha evidenziato una potenziale mancanza di adattabilità mentale, e quindi un rischio aumentato di declino cognitivo. Lo studio è uno dei primi ad analizzare gli effetti della solitudine su un arco temporale prolungato nei giovani adulti.
Prevenzione: investire da giovani nella salute mentale
Secondo Sliwinski, “investire nella propria salute cognitiva da giovani è come risparmiare per la pensione”.
Chi inizia prima a coltivare abitudini sociali sane, ha maggiori possibilità di mantenere una buona qualità della vita in età avanzata.
Combattere la solitudine richiede intenzionalità: pianificare momenti con gli altri, essere presenti durante le interazioni, riconoscere quando serve chiedere aiuto. Jee eun Kang sottolinea che “le persone cronicamente sole tendono a essere più ansiose e a percepire negativamente i rapporti”, ma che è proprio da questi piccoli passi che nasce il cambiamento. “Anche se è difficile, costruire connessioni è una competenza essenziale per la salute mentale e cognitiva”.
Fonte:
BMC Public Health