Farmaco anti-obesità sotto accusa: può causare cecità

L’allarme degli scienziati: il semaglutide danneggia il nervo ottico. Milioni di pazienti a rischio

C’è chi lo chiama il farmaco delle star, chi lo considera la bacchetta magica contro i chili di troppo. Il semaglutide, molecola nata per trattare il diabete di tipo 2 e diventata un fenomeno mondiale per la perdita di peso, è ora sotto accusa. Uno studio clinico guidato da Joseph Rizzo e dai ricercatori del Mass Eye and Ear – Harvard Medical School, pubblicato sulla rivista JAMA Ophthalmology, ha individuato un possibile legame tra l’uso del farmaco e un aumento dei casi di neuropatia ottica ischemica non arteritica (NAION), una patologia che può portare a cecità permanente.

Gli studiosi hanno analizzato oltre 16 mila pazienti, confrontando chi assumeva semaglutide con altri trattamenti per diabete e obesità. I risultati mostrano un’incidenza della malattia oculare nettamente superiore nel primo gruppo. La notizia ha acceso un dibattito mondiale. «Non significa che il farmaco causi direttamente la cecità, ma il rischio va indagato con urgenza», ha dichiarato Rizzo.

Le altre notizie del canale MEDICINA

Dal successo terapeutico alla zona d’ombra

Per anni il semaglutide è stato celebrato come un capolavoro della farmacologia moderna. Riduceva la glicemia, aiutava a dimagrire, e sembrava quasi privo di effetti collaterali gravi. Il suo successo è stato travolgente: dai reparti ospedalieri alle celebrità hollywoodiane, fino ai social, dove è diventato il simbolo della “pillola magica”.

Ma dietro l’entusiasmo, ora affiora la zona d’ombra. Lo studio di Harvard è il primo a segnalare un’associazione con danni visivi severi. Gli autori non parlano di causalità certa, ma i numeri bastano per chiedere un riesame della sicurezza a lungo termine. Gli esperti invitano a non farsi prendere dal panico, ma neppure a minimizzare. «Ogni terapia di massa va monitorata costantemente, anche dopo l’approvazione», avvertono i ricercatori.

I medici: mai sospendere senza consulto

I medici italiani e internazionali sono concordi: mai interrompere improvvisamente il trattamento. Chi sospende da solo rischia di provocare gravi squilibri metabolici, soprattutto i diabetici. La parola d’ordine è prudenza. Gli specialisti raccomandano visite oculistiche periodiche, anche in assenza di sintomi. Visione offuscata, difficoltà a mettere a fuoco, sensibilità alla luce o alterazioni dei colori possono essere i primi segnali di un problema. Una diagnosi tempestiva, spiegano, può prevenire danni permanenti. «Non serve allarmarsi, ma essere informati», chiarisce la Società Italiana di Diabetologia. L’obiettivo è evitare che la disinformazione spinga i pazienti a decisioni impulsive.

Le possibili misure delle autorità sanitarie

Dopo la pubblicazione dei dati su JAMA Ophthalmology, le agenzie regolatorie di Stati Uniti ed Europa hanno avviato verifiche interne. Si ipotizza l’introduzione di avvertenze aggiuntive sulle confezioni e l’obbligo di controlli oculistici regolari per i trattamenti a lungo termine. In casi estremi, non è escluso un ritiro temporaneo dal mercato in attesa di chiarimenti. Al momento, però, il farmaco resta disponibile. Le autorità ribadiscono che i benefici restano superiori ai rischi noti, ma invitano alla massima sorveglianza farmacologica.

Un monito sulla fiducia nella scienza

La vicenda del semaglutide va oltre la cronaca. Ricorda che anche i farmaci più diffusi possono nascondere effetti imprevisti, rivelati solo dopo anni di utilizzo. Il caso Harvard riporta al centro il tema della trasparenza scientifica e della responsabilità collettiva: produttori, ricercatori e medici devono collaborare per garantire informazioni chiare ai cittadini. «Non esistono cure miracolose, solo terapie da gestire con consapevolezza», ribadiscono gli esperti.

Correlati