Indice
- 1 Meno ghiaccio, meno carbonio intrappolato nei fiordi: ecco come i cambiamenti nei microrganismi marini stanno alterando l’intero equilibrio dell’Artico, con conseguenze globali
- 2 Il fitoplancton artico: microscopici eroi del clima
- 3 Il ruolo del ghiaccio glaciale nel ciclo dei nutrienti
- 4 L’analisi dei biomarcatori: indizi chimici nel fango del tempo
- 5 Atlantificazione e instabilità: un futuro incerto per l’Artico
- 6 Lezioni dal passato per affrontare il presente (e il futuro)
Meno ghiaccio, meno carbonio intrappolato nei fiordi: ecco come i cambiamenti nei microrganismi marini stanno alterando l’intero equilibrio dell’Artico, con conseguenze globali
Lo scioglimento accelerato della criosfera artica rischia di compromettere uno dei meccanismi naturali più importanti per la regolazione del clima globale: la capacità dei fiordi artici di sequestrare carbonio. È l’allarme lanciato da un nuovo studio pubblicato su Communications Earth & Environment e guidato da Jochen Knies del iC3 Polar Research Hub, che ha analizzato l’evoluzione dell’ecosistema di Kongsfjorden, nelle isole Svalbard, nel corso degli ultimi 14.000 anni.
Utilizzando indicatori chimici e biologici presenti nei sedimenti, i ricercatori hanno scoperto che il riscaldamento globale in atto sta già alterando la composizione del fitoplancton, l’efficienza della pompa biologica e la capacità dei fiordi di immagazzinare carbonio. “I cambiamenti che osserviamo indicano che il futuro di questi ecosistemi dipenderà fortemente dalla loro capacità di adattarsi a un clima più caldo”, ha affermato Knies.
Il fitoplancton artico: microscopici eroi del clima
Alla base della rete alimentare artica, il fitoplancton è un attore chiave anche nel ciclo del carbonio. Quando la luce solare penetra più a fondo nell’oceano in seguito alla riduzione del ghiaccio marino, si registra una maggiore fioritura di queste microalghe. Tuttavia, una maggiore produzione primaria non corrisponde necessariamente a un maggiore stoccaggio di carbonio.
Il riscaldamento comporta una stratificazione delle acque, che limita l’apporto di nutrienti dagli strati profondi. Così, se da un lato le acque più calde favoriscono inizialmente la crescita del fitoplancton, dall’altro riducono la capacità del sistema di trasportare il carbonio organico verso il fondale, dove può essere sepolto. “Le acque stratificate possono ostacolare la funzione dei fiordi come efficienti pozzi di carbonio”, ha precisato Knies.
Il ruolo del ghiaccio glaciale nel ciclo dei nutrienti
Un altro fattore chiave è lo scioglimento dei ghiacciai, che alimentano i fiordi con acqua dolce ricca di nutrienti. Questo flusso favorisce l’attività biologica, ma è sempre più instabile a causa della rapida deglaciazione.
Durante i periodi caldi del passato, come il Massimo Termico dell’Olocene, i sedimenti del Kongsfjorden mostrano una crescita significativa del fitoplancton, ma anche un aumento della pressione da parte degli organismi bentonici e zooplanctonici, che riduce la quantità di carbonio che riesce a raggiungere il fondale. Questo meccanismo potrebbe limitare la funzione di serbatoio di carbonio dei fiordi anche in futuro.
L’analisi dei biomarcatori: indizi chimici nel fango del tempo
Per comprendere i cambiamenti millenari, il team ha analizzato lipidi specifici (biomarcatori) nei sedimenti marini. Le firme chimiche di diatomee, dinoflagellati, prymnesiofite e plancton calcareo hanno permesso di ricostruire la dinamica del fitoplancton in risposta a eventi climatici come il Younger Dryas, la successiva deglaciazione e i periodi interglaciali.
L’indice IP25, ad esempio, ha mostrato una forte presenza di ghiaccio marino stagionale durante il Dryas Recente, mentre altri biomarcatori, come brassicasterolo e HBI III, hanno segnalato un’espansione delle specie pelagiche in acque più calde. Questi dati indicano che la composizione del plancton cambia radicalmente con la temperatura e l’estensione del ghiaccio.
Atlantificazione e instabilità: un futuro incerto per l’Artico
Oggi l’Artico sta subendo un fenomeno chiamato “atlantificazione”, ovvero l’intrusione sempre più marcata di acque calde e salate dall’Atlantico. Questo altera la colonna d’acqua dei fiordi e innesca una stratificazione che ostacola il rimescolamento verticale, riducendo la produttività primaria a lungo termine. Secondo i dati raccolti nel Kongsfjorden, l’efficienza della pompa biologica – il processo che trasferisce carbonio dagli strati superficiali agli abissi – sta già calando.
“Le nostre osservazioni indicano che la futura deglaciazione delle Svalbard, in uno scenario estivo senza ghiacci, aumenterà la produzione primaria, ma ridurrà la capacità dei fiordi di accumulare carbonio sul fondale”, si legge nello studio.
Lezioni dal passato per affrontare il presente (e il futuro)
Il valore aggiunto di questo studio è che offre una prospettiva paleoecologica unica, basata su 14.000 anni di registrazioni ambientali. Analizzando la risposta degli ecosistemi marini a climi più caldi del presente, come nel caso dell’Olocene, i ricercatori possono modellare con maggiore precisione l’impatto dei cambiamenti attuali.
Durante il periodo caldo dell’Olocene, le elevate temperature portarono a una maggiore stratificazione e a una più scarsa efficienza nel sequestro di carbonio, a causa del predominio di fitoplancton poco efficace nel trasporto verso il fondale. “Il sistema oggi sta tornando a condizioni simili a quelle del passato: è una finestra sul nostro futuro”, avvertono gli autori.