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Allarme farmaci inefficaci: la permetrina funziona sempre meno. Ecco chi rischia di più e perché è urgente una diagnosi precoce
Negli ultimi tre anni l’Italia si è trovata suo malgrado ad affrontare un preoccupante ritorno della scabbia, con un aumento dei casi fino al +750% in alcune aree del Paese. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (Sidemast), citata da Adnkronos. Una malattia cutanea che si pensava confinata a contesti svantaggiati, oggi torna a colpire anche in ambito europeo, con particolare impatto su soggetti fragili e collettività. Il ritorno in forze della scabbia non è isolato: arriva in un contesto di crescita delle infezioni respiratorie, come già evidenziato dal virologo Fabrizio Pregliasco, segno di un sistema immunitario collettivo indebolito e di una maggiore esposizione a malattie trasmissibili.
I dermatologi italiani spiegano che l’impennata di casi sarebbe da attribuire anche a una preoccupante resistenza ai trattamenti farmacologici tradizionali, soprattutto alla permetrina. Questo composto, a lungo considerato la prima linea terapeutica, potrebbe non essere più efficace come un tempo. Una sfida che impone nuove strategie diagnostiche e terapeutiche.
I sintomi più comuni e chi rischia di più la scabbia
La scabbia si manifesta inizialmente con un prurito molto intenso, specialmente durante le ore notturne. A questo si accompagnano piccole papule o lesioni cutanee visibili su mani, piedi, polsi, ombelico e genitali.
Secondo il presidente di Sidemast, Giuseppe Argenziano, “se associato a piccole papule o a lesioni cutanee tra le dita, ai polsi, all’ombelico o ai genitali, può trattarsi di scabbia”. I soggetti più a rischio sono bambini, adolescenti, anziani ospiti di RSA, e persone con fragilità sanitarie o sociali. In presenza dei primi sintomi, è fondamentale evitare il fai da te e rivolgersi subito a un medico.
Diagnosi precoce e trattamenti: le regole da seguire
La diagnosi precoce è essenziale per bloccare la diffusione dell’infezione e avviare un trattamento tempestivo. Non solo il paziente, ma anche tutti i contatti stretti devono essere trattati, anche in assenza di sintomi. Questo perché l’acaro può diffondersi facilmente attraverso contatti diretti o condividendo lenzuola e abiti.
Oltre alla cura farmacologica, sono fondamentali anche le misure igieniche rigorose, come il lavaggio ad alte temperature di indumenti e biancheria. Solo un approccio sistemico permette di contenere i contagi, soprattutto in ambienti collettivi come famiglie numerose, RSA e comunità scolastiche.
Perché la permetrina non basta più a fermare l’acaro
Uno dei problemi principali segnalati dai dermatologi riguarda la diminuita efficacia della permetrina, il farmaco più utilizzato per trattare la scabbia. La dermatologa Michela Magnano di Sidemast chiarisce: “I fallimenti alla permetrina sembrerebbero poter essere attribuiti a un’effettiva resistenza alla terapia”.
Secondo gli studi più recenti, la resistenza è documentata in diversi Paesi europei, compresa l’Italia. Gli acari sembrano essere in grado di neutralizzare il principio attivo del farmaco, forse a causa di mutazioni genetiche. Alcuni studi ipotizzano anche l’esistenza di forme di tolleranza, più che di vera e propria resistenza.
“Esistono lavori che dimostrerebbero come alterazioni enzimatiche e proteiche dell’acaro possano mediare tali meccanismi di resistenza”, conclude l’esperta. Questo fenomeno apre scenari preoccupanti sulla necessità di rivedere le linee guida terapeutiche per una patologia che, se sottovalutata, può diventare epidemica.
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