Indice
- 1 Il MethaneSat, progettato per monitorare le emissioni di metano, è sparito nel nulla: un duro colpo per la lotta climatica globale
- 2 Un progetto ambizioso, sospinto da colossi della tecnologia
- 3 Una rete di sorveglianza sempre più debole
- 4 Clima, tecnologia e fallimenti: un equilibrio fragile
- 5 Quali saranno le contromisure?
Il MethaneSat, progettato per monitorare le emissioni di metano, è sparito nel nulla: un duro colpo per la lotta climatica globale
Uno dei progetti satellitari più ambiziosi degli ultimi anni si è trasformato in una clamorosa perdita per la scienza e l’ambiente. Il satellite MethaneSat, lanciato con l’obiettivo di monitorare a livello globale le emissioni di metano, ha interrotto ogni comunicazione con la Terra da dieci giorni, gettando nello sconforto la comunità scientifica e gli attivisti ambientali. Finanziato con 88 milioni di dollari, il programma rappresentava una delle soluzioni tecnologiche più avanzate nella lotta al cambiamento climatico. Il metano, pur persistendo meno della CO₂ nell’atmosfera, ha un potenziale di riscaldamento 28 volte superiore in un periodo di cento anni. La sua sorveglianza era quindi cruciale. La scomparsa del satellite lascia un vuoto scientifico e strategico in un momento storico in cui la trasparenza e il monitoraggio dei gas serra sono fondamentali per guidare politiche ambientali efficaci e urgenti.
Un progetto ambizioso, sospinto da colossi della tecnologia
MethaneSat era il frutto di una sinergia tra tecnologia e filantropia ambientale. Sostenuto da Google e dal miliardario Jeff Bezos, il progetto prevedeva una missione quinquennale e una copertura globale. Il satellite era stato lanciato lo scorso anno a bordo di un razzo SpaceX, e disponeva di sensori di nuova generazione capaci di individuare anche minime fughe di metano. Il suo compito era quello di localizzare i cosiddetti super-emettitori, come grandi impianti industriali, ma anche le emissioni agricole, più diffuse e spesso trascurate.
Oltre all’eccellenza tecnica, MethaneSat rappresentava un unicum per la trasparenza: i dati raccolti erano accessibili al pubblico. Ciò permetteva a governi, ONG e ricercatori di identificare le fonti più inquinanti e agire di conseguenza. In un settore dominato da aziende private che spesso limitano l’accesso ai dati, questo satellite offriva uno strumento prezioso per fare pressione sugli inquinatori e orientare la governance climatica.
Una rete di sorveglianza sempre più debole
La perdita di MethaneSat si inserisce in un quadro già fragile per il monitoraggio globale del metano. A oggi, uno dei pochi strumenti rimasti è CarbonMapper, che si appoggia in parte al sensore TROPOMI a bordo del satellite europeo Sentinel-5P. Tuttavia, anche questa missione avrebbe dovuto concludersi a ottobre 2024, e la sua continuità è attualmente incerta.
Google aveva puntato su MethaneSat per “colmare le lacune tra gli strumenti esistenti”, sfruttando la potenza dei propri algoritmi di intelligenza artificiale. L’obiettivo era creare una mappa globale aggiornata delle emissioni di metano, fondamentale per prendere decisioni basate sui dati. I sensori del satellite si distinguevano per una sensibilità senza precedenti, adatta a cogliere le emissioni meno evidenti ma altrettanto impattanti.
Clima, tecnologia e fallimenti: un equilibrio fragile
Il colpo subito dall’Environmental Defense Fund, l’ente promotore del progetto, è stato duro. In un comunicato diffuso dopo la perdita del satellite, l’organizzazione ha dichiarato: “Risolvere la sfida climatica richiede azioni audaci e assunzione di rischi, e questo satellite era all’avanguardia della scienza, della tecnologia e dell’advocacy”. Parole che suonano come un commiato a un’epoca in cui l’ottimismo tecnologico sembrava poter salvare il pianeta.
Lo spazio, però, resta un ambiente ostile, dove anche gli strumenti più innovativi possono fallire senza preavviso. L’evento ricorda che, nonostante l’impegno economico e tecnologico, la lotta al cambiamento climatico richiede anche resilienza e ridondanza. La scomparsa di MethaneSat ci lascia più vulnerabili, meno informati e più lontani da una gestione consapevole delle emissioni.
Quali saranno le contromisure?
A oggi, non è chiaro se ci siano possibilità di ripristinare la comunicazione con MethaneSat o se si tratti di una perdita definitiva. Gli ingegneri continuano a lavorare per stabilire un contatto, ma le speranze diminuiscono col passare dei giorni. Intanto, la comunità scientifica riflette sull’importanza di avere una rete di monitoraggio più resiliente e diversificata.
È probabile che, nei prossimi anni, si investa in nuovi satelliti pubblici e open source, per ridurre la dipendenza da pochi strumenti chiave. I rischi nello spazio non sono evitabili, ma possono essere diluiti con una strategia più ampia e meno centralizzata. MethaneSat, in ogni caso, ha già tracciato una strada: quella della scienza trasparente, condivisa e accessibile per il bene del pianeta.
