Indice
- 1 Un derivato vegetale elimina il dolore, anche quello oncologico, in modo selettivo e senza creare dipendenza
- 2 Risultati promettenti su pazienti oncologici terminali
- 3 Come funziona l’RTX: attacco selettivo alle vie del dolore
- 4 Una nuova generazione di analgesici senza dipendenza
- 5 Dall’antica medicina africana ai laboratori del NIH
- 6 Verso l’approvazione clinica e nuovi studi
Un derivato vegetale elimina il dolore, anche quello oncologico, in modo selettivo e senza creare dipendenza
Un analgesico vegetale non assuefacente, ricavato da una pianta africana simile al cactus, potrebbe rivoluzionare la cura del dolore oncologico. Si chiama RTX (resiniferatossina) e arriva da un estratto dell’Euphorbia resinifera, pianta nota fin dall’antichità per le sue proprietà irritanti. Un team di ricercatori del National Institutes of Health (NIH) ha sperimentato per la prima volta sull’uomo questa sostanza, scoprendo che una sola iniezione nel liquido spinale riesce a tagliare le vie del dolore in modo selettivo, riducendo la sofferenza del 38% e il ricorso agli oppioidi del 57%. Si tratta di pazienti oncologici terminali, resistenti ai trattamenti tradizionali, per i quali il dolore rappresentava una barriera insormontabile alla qualità della vita. Grazie all’RTX, molti hanno ritrovato lucidità, autonomia e relazioni sociali, liberandosi della dipendenza da morfina. Gli autori dello studio, pubblicato come analisi preliminare di fase 1, sottolineano che l’efficacia dell’RTX è legata alla sua capacità di spegnere solo i neuroni coinvolti nella trasmissione del dolore e del calore, risparmiando il resto delle funzioni nervose.
Risultati promettenti su pazienti oncologici terminali
Nel corso della sperimentazione, sono stati coinvolti 19 pazienti in fase terminale, affetti da dolore oncologico refrattario localizzato in addome e arti inferiori. Si tratta di soggetti appartenenti a quel 15% di malati di cancro che non trovano alcun sollievo dai trattamenti antidolorifici tradizionali.
In questi pazienti è stata somministrata una singola iniezione intratecale di RTX, ovvero direttamente nel liquido cerebrospinale lombare. Lo studio ha valutato in primo luogo la sicurezza del trattamento, mentre l’efficacia è stata misurata attraverso una scala numerica da 0 a 10 per quantificare il dolore peggiore avvertito nell’arco di 24 ore.
I risultati parlano chiaro: il dolore percepito si è ridotto sensibilmente e l’utilizzo di morfina è calato in modo significativo. Molti pazienti hanno interrotto l’uso cronico di sedativi oppioidi, recuperando la possibilità di vivere momenti di vita familiare e relazionale con maggiore lucidità.
Come funziona l’RTX: attacco selettivo alle vie del dolore
L’RTX è una molecola unica nel suo genere. Agisce sul canale ionico TRPV1, lo stesso attivato dalla capsaicina (la sostanza che rende piccanti i peperoncini), ma con una potenza enormemente superiore. Questo canale è presente nelle fibre nervose che trasmettono sensazioni di calore e dolore.
L’RTX provoca un sovraccarico di calcio nelle terminazioni nervose coinvolte, causando la disattivazione selettiva dei neuroni del dolore. A differenza di altre soluzioni invasive — come chirurgia o applicazioni non selettive di calore o freddo — RTX colpisce solo le fibre che trasmettono dolore da tessuti danneggiati. Tatto, pressione, movimenti muscolari e funzione motoria restano intatti.
“RTX recide i canali specifici del dolore che collegano il corpo al midollo spinale, ma lascia inalterate molte altre sensazioni”, spiega il dottor Michael Iadarola, autore principale dello studio e ricercatore senior presso il Clinical Center del NIH.
Una nuova generazione di analgesici senza dipendenza
A differenza degli oppioidi, l’RTX non crea dipendenza e non genera euforia. Si comporta come un analgesico “chirurgico” che neutralizza una sola funzione nervosa: la trasmissione del dolore.
Questo lo rende particolarmente adatto a pazienti oncologici in fase avanzata, ma anche ad altre categorie di malati. Secondo gli autori, potrebbe essere impiegato per trattare il dolore da:
- neuromi (lesioni nervose croniche),
- nevralgia del trigemino,
- dolore post-operatorio,
- infiammazioni orali croniche da radioterapia.
“Colpire nervi specifici rende molti disturbi dolorosi accessibili all’RTX e consente di personalizzare il trattamento sul paziente”, aggiunge Iadarola.
La selettività della molecola, secondo il dottor Andrew Mannes, è il punto di forza: “Elimina solo le sensazioni di calore e dolore. Nient’altro”.
Dall’antica medicina africana ai laboratori del NIH
L’RTX è estratto dall’Euphorbia resinifera, pianta del Nord Africa utilizzata fin dall’antichità per le sue proprietà irritanti. Tuttavia, solo studi recenti hanno permesso di isolarne il principio attivo e di comprenderne l’azione sui neuroni TRPV1 osservando cellule al microscopio.
La sua introduzione nel liquido spinale segna una svolta per la terapia del dolore oncologico: un singolo trattamento, effetto duraturo, rischio minimo di effetti collaterali. “La RTX intratecale è un analgesico monodose che riduce l’uso di oppioidi nei pazienti con dolore oncologico intrattabile”, dichiarano i ricercatori.
Gli eventi avversi osservati sono stati contenuti e gestibili, senza complicazioni gravi.
Verso l’approvazione clinica e nuovi studi
Finanziata dal NIH Clinical Center e dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke, questa ricerca rappresenta solo l’inizio. I prossimi passi saranno studi clinici più ampi, per confermare efficacia e sicurezza in campioni più numerosi e ottenere l’autorizzazione della Food and Drug Administration statunitense.
Se confermata, l’RTX potrebbe rappresentare la prima terapia davvero efficace e non invasiva per il dolore oncologico grave, offrendo una via d’uscita dal ricorso massiccio agli oppioidi.
Fonte:
NEJM Evidence