Indice
- 1 Un’équipe di scienziati canadesi e cinesi ha creato il primo rene “universale”, convertendo geneticamente l’organo di tipo A in tipo 0. È il primo trapianto al mondo di questo genere, e ha funzionato
- 2 Il primo trapianto del rene universale
- 3 Come si cambia il gruppo sanguigno a un rene
- 4 Una scoperta che può cambiare i trapianti (e le trasfusioni)
- 5 I limiti e il potenziale di una nuova frontiera
Un’équipe di scienziati canadesi e cinesi ha creato il primo rene “universale”, convertendo geneticamente l’organo di tipo A in tipo 0. È il primo trapianto al mondo di questo genere, e ha funzionato
La carenza di organi è una delle grandi emergenze sanitarie mondiali. Secondo la United Network for Organ Sharing (UNOS), negli Stati Uniti oltre 100.000 persone attendono un trapianto, e ogni giorno 13 pazienti muoiono perché l’organo giusto non arriva in tempo. In Italia la situazione non è migliore: secondo il Centro Nazionale Trapianti, nel 2024 erano circa 8.000 i pazienti in lista d’attesa, di cui 6.000 in attesa di un rene.
Da anni la ricerca prova a colmare questo divario. Le strategie spaziano dai trapianti da animali geneticamente modificati (xenotrapianti) alla creazione di organi in laboratorio. Ma la vera rivoluzione arriva oggi da un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: rendere ogni rene compatibile con chiunque, a prescindere dal gruppo sanguigno. Un team di ricercatori tra Canada e Cina ha appena annunciato di aver sviluppato il primo “rene universale” funzionante, ottenuto tramite una tecnologia in grado di convertire il gruppo sanguigno dell’organo donato. È una scoperta che, se confermata, potrebbe cambiare radicalmente la medicina dei trapianti.
Il primo trapianto del rene universale
Per la prima volta nella storia, un rene di tipo A è stato convertito in tipo 0 – cioè compatibile con qualunque gruppo sanguigno – e trapiantato in un essere umano. L’intervento è stato effettuato su un paziente cerebralmente morto, con il consenso della famiglia, permettendo ai medici di monitorare in tempo reale la reazione immunitaria del corpo.
Il rischio principale era il rigetto iperacuto, una reazione immediata e devastante del sistema immunitario che riconosce l’organo come “nemico” e lo distrugge in pochi minuti. Ma non è accaduto.
Per due giorni il rene ha funzionato perfettamente. Solo al terzo giorno si è osservata una lieve risposta immunitaria, ma “il danno è stato molto meno grave rispetto a un caso di incompatibilità completa”, hanno riferito i ricercatori. Segnali chiari indicano che il corpo stava inizialmente iniziando a tollerare l’organo, aprendo la porta a un futuro in cui il gruppo sanguigno potrebbe non essere più un ostacolo ai trapianti.
Come si cambia il gruppo sanguigno a un rene
Il risultato è il frutto di oltre dieci anni di studio. La svolta è arrivata nel 2019, quando i ricercatori dell’University of British Columbia (UBC) hanno scoperto due enzimi capaci di “cancellare” gli zuccheri che definiscono il gruppo sanguigno A, convertendolo in tipo 0.
L’appartenenza ai gruppi sanguigni A, B, AB o 0 dipende infatti dalla presenza di specifici zuccheri sulla superficie dei globuli rossi, detti antigeni. Gli stessi antigeni si trovano anche sulla superficie degli organi, ed è proprio lì che avviene il conflitto tra donatore e ricevente.
Come spiegano gli studiosi, “è come rimuovere la vernice rossa da un’auto e scoprire il primer neutro sotto: una volta fatto, il sistema immunitario non vede più l’organo come estraneo”.
Con questi enzimi, i ricercatori sono riusciti a convertire il gruppo sanguigno prima nel sangue, poi nei polmoni, e infine nei reni. Finora però erano solo esperimenti di laboratorio. Questo primo trapianto su un essere umano rappresenta dunque uno spartiacque epocale.
Una scoperta che può cambiare i trapianti (e le trasfusioni)
Gli esperti parlano di “un passo enorme” per il futuro dei trapianti. Se la tecnologia sarà validata, potrebbe ridurre drasticamente i tempi di attesa e salvare migliaia di vite ogni anno.
Il prossimo passo sarà ottenere l’autorizzazione agli studi clinici su pazienti vivi, per testare sicurezza ed efficacia su larga scala. Ma le prospettive vanno ben oltre il rene: il metodo potrebbe essere applicato anche ad altri organi e perfino al sangue donato. Convertendo i globuli rossi da un gruppo all’altro, si potrebbe ottenere un sangue universale, eliminando l’attuale problema di compatibilità che spesso rallenta i soccorsi in emergenza. Un sogno che fino a pochi anni fa sembrava fantascienza, oggi inizia a prendere forma concreta.
I limiti e il potenziale di una nuova frontiera
Restano tuttavia sfide da superare. Il processo di conversione dev’essere completamente sicuro, senza alterare le funzioni dell’organo. Inoltre, serviranno molti più test per valutare come reagisce il sistema immunitario nel lungo periodo. Ma i segnali sono incoraggianti. Come sottolineano gli autori dello studio, “ogni passo in questa direzione riduce la dipendenza dalla compatibilità genetica e ci avvicina a un sistema di donazione più equo”.
Il “rene universale” potrebbe diventare, in futuro, il primo tassello di una biobanca di organi compatibili con chiunque. Una conquista scientifica che promette di riscrivere la storia della medicina dei trapianti.
