Il super batterio preoccupa la comunità scientifica: sopravvive a lungo negli ambienti sanitari e minaccia l’efficacia delle terapie salvavita
La capacità di alcuni batteri di “digerire” la plastica è spesso vista come una risorsa ambientale. Ma in ambito ospedaliero, questa abilità può trasformarsi in un rischio concreto per la salute pubblica. È il caso dello Pseudomonas aeruginosa, uno dei patogeni più temuti tra quelli associati a infezioni ospedaliere, che secondo un nuovo studio è in grado di degradare la plastica dei dispositivi medici e sfruttarla per rafforzarsi. Lontano dall’essere una buona notizia, questa scoperta solleva un serio allarme: la plastica sterile utilizzata in corsie e sale operatorie potrebbe diventare il combustibile per far crescere comunità batteriche più resistenti agli antibiotici. La ricerca, condotta dagli scienziati della Brunel University di Londra, rivela un aspetto inedito e inquietante del comportamento batterico negli ospedali.
Scoperto un enzima mangiaplastica nel DNA del batterio
Un gene ambientale finito nei ceppi ospedalieri
Analizzando il genoma di vari batteri ospedalieri, i ricercatori britannici hanno cercato tracce degli enzimi mangiaplastica già noti in ceppi ambientali. Con loro sorpresa, hanno scoperto che un ceppo di Pseudomonas aeruginosa isolato da un paziente ricoverato per un’infezione cutanea, contiene un enzima capace di degradare i polimeri plastici. Questo batterio è noto per essere tra i più pericolosi, tanto da essere inserito dall’OMS nella lista dei patogeni critici a causa della sua elevata resistenza agli antibiotici.
Le sue infezioni possono colpire polmoni, meningi o sangue, e risultano particolarmente letali nei pazienti immunodepressi. Secondo i dati più recenti, è responsabile di circa 559.000 decessi ogni anno. La scoperta che possa usare la plastica come risorsa apre nuovi scenari sulla sua capacità di sopravvivenza in ambito clinico.
Biofilm rinforzati: come la plastica aiuta il batterio
In laboratorio, i ricercatori hanno dimostrato che lo P. aeruginosa non solo degrada la plastica, ma la impiega per costruire biofilm più solidi. Questi biofilm sono strutture adesive che il batterio utilizza per difendersi dagli agenti esterni, antibiotici inclusi. Includendo frammenti plastici nella propria matrice protettiva, il batterio riesce a formare colonie più compatte e resistenti.
Questa strategia rende lo Pseudomonas ancora più difficile da eliminare. Nei pazienti fragili, infezioni da biofilm possono diventare croniche e resistenti alle cure convenzionali, compromettendo l’efficacia dei trattamenti e prolungando la degenza.
Dispositivi medici: bersagli inconsapevoli dei batteri
Prevenzione: plastica antimicrobica contro l’invasione silenziosa
L’utilizzo massivo di plastica negli ospedali è un dato di fatto: siringhe, cateteri, guanti, cerotti, indumenti usa e getta. Tutti elementi pensati per garantire igiene e sicurezza. Tuttavia, se colonizzati da batteri come lo P. aeruginosa, questi dispositivi possono trasformarsi in veicoli di infezione.
Secondo gli scienziati, la capacità del batterio di nutrirsi di questi materiali potrebbe contribuire alla sua permanenza e diffusione negli ambienti sanitari. Per questo motivo, lo studio suggerisce una contromisura: arricchire la plastica ospedaliera con agenti antimicrobici, in modo da bloccare la proliferazione microbica fin dal primo contatto.