Indice
- 1 Uno studio internazionale svela come il Pioglitazone, già usato per il diabete, potrebbe impedire la ricomparsa del tumore alla prostata anche dopo anni dalla diagnosi
- 2 Pioglitazone: doppio effetto su diabete e tumore
- 3 Meccanismi molecolari e risultati dei test clinici
- 4 Dati clinici su pazienti e sperimentazione animale
- 5 Nuove prospettive per la cura del cancro alla prostata
Uno studio internazionale svela come il Pioglitazone, già usato per il diabete, potrebbe impedire la ricomparsa del tumore alla prostata anche dopo anni dalla diagnosi
Negli ultimi anni, la lotta al cancro alla prostata ha compiuto passi da gigante, ma il rischio di recidiva rimane un grande ostacolo per molti pazienti. Una recente ricerca internazionale ha gettato nuova luce sulle possibilità di prevenire il ritorno di questo tumore, grazie a una scoperta sorprendente che arriva dal mondo dei farmaci antidiabetici. Gli scienziati hanno osservato che il Pioglitazone, principio attivo comunemente impiegato per la cura del diabete di tipo 2, è in grado di riprogrammare il metabolismo delle cellule tumorali e di sopprimere la loro crescita. In particolare, il monitoraggio clinico dei pazienti con diagnosi di cancro alla prostata e diabete trattati con farmaci anti-PPARγ ha evidenziato una totale assenza di recidive durante il periodo di follow-up, suggerendo un potenziale effetto protettivo di lunga durata.
“Questa è una scoperta significativa. Per la prima volta, abbiamo osservazioni cliniche che dimostrano che i pazienti affetti da cancro alla prostata e diabete, che hanno ricevuto farmaci mirati alla proteina, sono rimasti senza ricadute durante il periodo in cui li abbiamo seguiti“, sottolinea Lukas Kenner, Professore ospite all’Università di Umeå e tra gli autori principali dello studio. Il recettore PPARγ (recettore gamma attivato dal proliferatore del perossisoma), noto soprattutto nell’ambito della regolazione metabolica e della sensibilità insulinica, è al centro di questa rivoluzionaria strategia terapeutica.
Pioglitazone: doppio effetto su diabete e tumore
La caratteristica più sorprendente emersa dallo studio riguarda proprio i pazienti colpiti da diabete e tumore alla prostata, trattati con farmaci che attivano PPARγ come il Pioglitazone. Non solo non si sono manifestate recidive, ma i test in laboratorio hanno evidenziato che la molecola riesce a modificare in profondità il metabolismo delle cellule tumorali, ostacolandone crescita, sopravvivenza e capacità di diffondersi.
“I risultati sono molto promettenti, ma sono necessari ulteriori studi clinici sia per confermare i risultati sia per verificare se il trattamento può essere utilizzato anche nei pazienti con cancro alla prostata che non soffrono di diabete”, ribadisce Kenner, confermando il grande entusiasmo del team di ricerca. Gli autori sottolineano inoltre come l’analisi dei dati abbia svelato una correlazione diretta tra elevata espressione di PPARγ e cancro alla prostata avanzato, associato a una minore sopravvivenza.

Meccanismi molecolari e risultati dei test clinici
Le indagini scientifiche si sono spinte oltre, analizzando i dati di laboratorio su cellule di tumore primario e metastatico. I farmaci agonisti PPARγ Pioglitazone e Tesaglitazar si sono dimostrati capaci di ridurre significativamente la proliferazione delle cellule tumorali e la quantità della proteina PPARγ, sia nelle cellule di tumore primario sia in quelle di metastasi. Analisi proteomiche e metabolomiche hanno permesso di identificare differenze chiave nei meccanismi di crescita e sopravvivenza delle cellule tumorali: l’azione del farmaco agisce su vie metaboliche fondamentali come mTORC1 e ossidazione degli acidi grassi mitocondriali (FAO), alterando profondamente il metabolismo cellulare.
In particolare, Pioglitazone ha spostato il metabolismo delle cellule di tumore primario verso la glicolisi e ha aumentato l’ossidazione degli acidi grassi nelle cellule metastatiche, riducendo di conseguenza la produzione di energia (ATP) nei mitocondri. Questo cambiamento metabolico si traduce in una maggiore difficoltà per il tumore di sopravvivere e diffondersi nell’organismo.
Dati clinici su pazienti e sperimentazione animale
Un ulteriore elemento di solidità deriva dall’analisi retrospettiva su 69 pazienti con diabete di tipo 2 e tumore alla prostata seguiti dall’Università di Medicina di Innsbruck tra il 2014 e il 2023. Nessuno dei pazienti trattati con agonisti PPARγ dopo prostatectomia radicale ha mostrato recidive biochimiche nell’arco di cinque-dieci anni, un risultato che rafforza la speranza di un effetto duraturo. Parallelamente, le sperimentazioni su modelli animali hanno confermato che il Pioglitazone è in grado di ridurre la crescita dei tumori, aumentare l’attivazione della proteina AMPKα e abbassare i livelli della proteina mTOR associata alla crescita tumorale.
Gli esperimenti di laboratorio hanno mostrato che Pioglitazone sopprime la migrazione delle cellule tumorali e induce il marcatore epiteliale E-caderina, fondamentale per bloccare la capacità invasiva del cancro. Nel complesso, l’approccio “multi-livello” adottato dai ricercatori (cellule, animali, dati clinici) offre una panoramica robusta delle potenzialità del farmaco anche per future strategie terapeutiche.
Nuove prospettive per la cura del cancro alla prostata
Il valore di questa scoperta va ben oltre la semplice associazione tra diabete e tumore alla prostata: il Pioglitazone potrebbe rappresentare una vera e propria svolta per la prevenzione delle recidive anche nei pazienti non diabetici, aprendo la strada a un possibile riutilizzo di farmaci già noti per altre patologie. Gli autori concludono: “I nostri risultati suggeriscono che il Pioglitazone riduce la proliferazione delle cellule di PCa e induce alterazioni metaboliche ed epiteliali, evidenziando il potenziale del riutilizzo di farmaci metabolici per la terapia del cancro alla prostata”.
Le nuove terapie potrebbero quindi sfruttare farmaci già disponibili e ben conosciuti in ambito clinico, accelerando il percorso verso trattamenti più efficaci e meno invasivi per i pazienti. La ricerca continua, ma i primi risultati gettano una luce di speranza concreta per una delle forme di tumore più diffuse tra gli uomini.
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