L’effetto combinato di fungicidi e diserbanti minaccia la biodiversità

Il mix riduce la sopravvivenza di molte specie non bersaglio. Sotto accusa l’agricoltura intensiva

L’agricoltura intensiva è una delle principali responsabili della perdita di biodiversità, ma i suoi effetti non si limitano alla sola distruzione degli habitat naturali. Secondo una nuova ricerca pubblicata su Science of The Total Environment, anche l’utilizzo di pesticidi nei campi coltivati può avere conseguenze gravi sugli organismi non bersaglio, in particolare sugli insetti impollinatori e su alcune specie di farfalle. Lo studio si è concentrato sulla Melitaea cinxia, nota come farfalla Glanville, una specie che frequenta abitualmente gli ambienti agricoli europei. I ricercatori hanno esaminato l’impatto dell’esposizione a breve termine a due pesticidi, un fungicida e un diserbante, durante la fase larvale della farfalla, e hanno misurato sia il tasso di crescita dei bruchi sia la capacità riproduttiva degli esemplari adulti.

I risultati mostrano che anche un’esposizione temporanea può compromettere la sopravvivenza e lo sviluppo. Il fungicida, in particolare, ha causato un aumento della mortalità e un rallentamento nella crescita delle larve. Quando fungicida e diserbante sono stati somministrati insieme, i ricercatori hanno osservato un’attenuazione degli effetti più gravi, ma gli individui trattati con la miscela continuavano a svilupparsi più lentamente rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, negli adulti sopravvissuti è emerso un effetto negativo sulla capacità riproduttiva.

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I pesticidi danneggiano anche le specie non bersaglio

Effetti reali sottovalutati in natura

Secondo la dottoressa Ulla Riihimäki, ricercatrice presso la Facoltà di Scienze Biologiche e Ambientali, l’uso massiccio di pesticidi rappresenta una minaccia più profonda di quanto suggeriscano i test di laboratorio. “I pesticidi sono ampiamente utilizzati in agricoltura e nuovi prodotti vengono costantemente introdotti sul mercato. Nonostante le normative ambientali e i test di tossicità, sappiamo ancora poco su come influenzano le specie non bersaglio in natura”, ha affermato Riihimäki.

I rischi non sono pienamente tracciati

Le attuali procedure di monitoraggio riguardano soprattutto i residui negli alimenti e nelle acque, ma secondo gli autori dello studio questo non basta. “Le tipologie di pesticidi possono causare reazioni molto diverse negli organismi selvatici. È importante monitorare più da vicino le quantità presenti in natura e indagare i loro effetti reali sulla fauna terrestre”, ha aggiunto Riihimäki, sottolineando che l’Unione Europea dovrebbe aggiornare le sue normative includendo anche la protezione della fauna terrestre, oltre a quella degli ecosistemi acquatici.

Le attuali normative europee non bastano

La dottoressa Lotta Kaila, coautrice dell’articolo, ha sottolineato che i pesticidi sono sottoposti a valutazioni di rischio prima dell’approvazione, e che vengono regolarmente controllati i livelli di residui negli alimenti, nell’acqua e nelle falde. Tuttavia, “i residui presenti nella natura non vengono monitorati in modo sistematico, ed è difficile stimare a quali quantità siano effettivamente esposte le diverse specie selvatiche”, ha dichiarato.

La scarsa conoscenza di questi dati crea un vuoto normativo che potrebbe favorire danni estesi alla biodiversità. È quindi fondamentale estendere i controlli anche agli ambienti naturali, dove le interazioni tra sostanze chimiche e organismi non bersaglio sono complesse e difficili da prevedere con i soli esperimenti in laboratorio.

Urge una ricerca più estesa e un monitoraggio costante

La biodiversità va tutelata oltre l’agricoltura

Il gruppo di ricerca, coordinato dalla professoressa Marjo Saastamoinen, sottolinea la necessità di approfondire ulteriormente lo studio degli effetti combinati dei pesticidi. “Sono necessari ulteriori studi e un monitoraggio più approfondito per proteggere la biodiversità e garantire che l’uso dei pesticidi non danneggi organismi per i quali non sono destinati”, ha dichiarato la docente.

L’approccio deve diventare ecosistemico

La sfida principale non è solo ridurre l’uso dei pesticidi, ma anche comprendere le interazioni tra le diverse sostanze chimiche impiegate in agricoltura. Lo studio dimostra che la combinazione di pesticidi può produrre effetti non lineari: in certi casi le sostanze si neutralizzano, in altri si amplificano. Questo aspetto richiede nuove strategie di valutazione ambientale, in grado di considerare le condizioni reali dei campi coltivati, e non soltanto i test standardizzati di laboratorio.

Fonte:

Science of The Total Environment

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