Indice
- 1 Uno studio rivela che le micro e nanoplastiche derivate da rifiuti reali trasportano piombo, cadmio e altri metalli tossici nel sangue e nei polmoni
- 2 Nanoplastiche come vettori di metalli pesanti
- 3 Tracce di plastica nei polmoni, nel sangue e nella placenta
- 4 Esperimenti su plastica di scarto: risultati inquietanti
- 5 Nuovi scenari per la tossicologia ambientale
Uno studio rivela che le micro e nanoplastiche derivate da rifiuti reali trasportano piombo, cadmio e altri metalli tossici nel sangue e nei polmoni
Ogni anno vengono prodotti circa 460 milioni di tonnellate di plastica, ma solo il 9% viene riciclato. Il resto finisce bruciato, in discarica o disperso negli oceani, dove si degrada lentamente in microplastiche e nanoplastiche. Queste ultime, con dimensioni inferiori ai 1.000 nanometri, sono particolarmente pericolose per la salute umana, perché penetrano nel corpo attraverso aria, acqua, alimenti e persino il contatto con la pelle. Un nuovo studio pubblicato su ACS ES&T Water svela che le nanoplastiche ottenute da plastica di scarto reale sono in grado di adsorbire facilmente metalli pesanti come piombo e cadmio, comportandosi come veri e propri “cavalli di Troia” che trasportano contaminanti tossici all’interno degli organismi viventi.
Nanoplastiche come vettori di metalli pesanti
Il team del New Jersey Institute of Technology ha scoperto che le nanoplastiche derivate da materiali comuni come bottiglie in PET, scatole in polistirene e contenitori in polipropilene sono altamente reattive con i metalli pesanti. Una volta a contatto, queste particelle plastiche adsorbono in pochi minuti piombo (Pb²⁺) e cadmio, rendendoli più biodisponibili per l’organismo.
Le analisi hanno rivelato che le nanoparticelle polimeriche agiscono come spugne per questi contaminanti, favorendo la loro diffusione nei tessuti e la conseguente bioaccumulazione. Le particelle possono quindi attraversare la barriera ematoencefalica, raggiungere organi vitali e indurre effetti tossici cronici.
Tracce di plastica nei polmoni, nel sangue e nella placenta
Ricerche precedenti hanno già dimostrato che le nanoplastiche possono muoversi liberamente nel corpo umano. Sono state rinvenute in campioni di sangue, feci, polmoni, liquido seminale e persino in placente umane. Quando il sistema immunitario tenta di eliminarle, può generarsi una risposta infiammatoria cronica e un aumento del rischio di neoplasie, ovvero proliferazione anomala e incontrollata delle cellule.
A rendere il quadro ancora più critico è la superficie ampia di queste particelle, che facilita l’assorbimento di sostanze tossiche come piombo, mercurio, arsenico e cadmio. La combinazione tra nanoparticelle e metalli pesanti rappresenta quindi una minaccia seria per la salute pubblica.
Esperimenti su plastica di scarto: risultati inquietanti
Per questa ricerca, gli scienziati hanno usato plastica recuperata direttamente dai rifiuti domestici: bottiglie d’acqua in PET, scatole per dolciumi in PS, e contenitori per alimenti in PP. Le hanno sminuzzate usando semplice sale grosso come mezzo abrasivo, senza ricorrere a sostanze chimiche.
Attraverso tecniche come microscopia elettronica, spettroscopia e diffusione dinamica della luce, hanno confermato che le nanoparticelle ottenute erano irregolari nella forma, con dimensioni inferiori a 200 nm, molto simili a quelle che si trovano comunemente nell’ambiente.
Il polipropilene (PP) è risultato il più efficace nell’adsorbire metalli, con la capacità di rimuovere oltre il 99% del piombo in appena cinque minuti di esposizione. I metalli venivano adsorbiti in uno strato singolo (monolayer) su superfici plastiche omogenee, suggerendo un processo di chemisorbimento stabile.
Nuovi scenari per la tossicologia ambientale
Gli autori dello studio sottolineano che “i risultati mostrano quanto sia urgente comprendere meglio l’interazione tra nanoplastiche e metalli pesanti”, al fine di valutare l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente. Lo studio invita la comunità scientifica a spostare l’attenzione dalle nanoplastiche sintetiche standardizzate a quelle reali, più irregolari e complesse, per ottenere dati più accurati e utili allo sviluppo di strategie di contenimento dell’inquinamento.
Una consapevolezza sempre più necessaria per progettare interventi di bonifica, normare l’uso dei materiali plastici e investire in ricerca sui materiali biodegradabili.