Un itinerario nel cuore dell’Africa australe, tra dune colossali, villaggi tradizionali, meteoriti millenari e parchi che sembrano documentari viventi
Visitare la Namibia significa affrontare un territorio vastissimo e ancora poco battuto dal turismo di massa. Le distanze sono enormi, le strade spesso sterrate e la natura domina incontrastata. Per questo l’organizzazione è essenziale: prenotare in anticipo fuoristrada, lodge ed escursioni è una regola d’oro, così come richiedere il visto online per evitare lunghe attese in aeroporto.
La guida richiede esperienza: il rischio di forature o parabrezza scheggiati è alto, perciò le assicurazioni che coprono vetri e ruote diventano indispensabili. Nei bagagli conviene inserire sacchi protettivi contro sabbia e polvere, onnipresenti nei percorsi nel deserto. Un frigo portatile è utile, dato che supermercati ben forniti si trovano solo in poche città. Anche la musica va scaricata su supporti USB perché la connessione è instabile. La Namibia è terra di contrasti: al fascino dei paesaggi si affianca la povertà diffusa, con comunità che spesso vivono di donazioni o aiuti esterni.
Cultura e comunità tra Gobabis e i villaggi
Uno degli aspetti più intensi del viaggio riguarda il contatto con le comunità locali. A Gobabis, scuole e orfanotrofi ospitano bambini vulnerabili provenienti dalle baraccopoli. Qui il ruolo delle associazioni è vitale per garantire istruzione e sostegno. La presenza di progetti umanitari è una realtà che accompagna chiunque attraversi questa zona.
Un altro incontro significativo è quello con i San, noti anche come boscimani. Custodi di tradizioni antiche, propongono simulazioni di caccia, raccolta di radici e danze propiziatorie. Le loro lingue, caratterizzate dai celebri “click”, testimoniano una cultura che resiste al tempo. Nei villaggi più prosperi è possibile assistere a matrimoni tradizionali, con canti e abiti variopinti. In molti casi la stabilità economica dipende dalle rimesse inviate da membri della comunità che lavorano in Europa, un fenomeno che permette di sostenere intere famiglie e villaggi.
I deserti del Namib e le dune giganti
Il deserto del Namib rappresenta una delle mete iconiche del paese. L’itinerario attraversa passi spettacolari come Spreetshoogte e Solitaire, dove il paesaggio alterna rocce minerali, carcasse di auto arrugginite e cieli sconfinati. Ma il simbolo assoluto resta la Big Daddy, la duna di sabbia più alta del pianeta con i suoi oltre 300 metri. Scalare la sua cresta è impegnativo, ma la vista dalla sommità ripaga con panorami mozzafiato.
Ai piedi della duna si trova la Deadvlei, con alberi pietrificati che offrono uno scenario surreale e inconfondibile, paragonato spesso a un dipinto impressionista. Altre soste imperdibili sono la Duna 45 e la Duna 40, più accessibili ma ugualmente suggestive. In queste aree è comune avvistare orici, zebre e giraffe, simboli della fauna locale che si muovono liberi nel paesaggio arido.
Swakopmund e la costa dove il deserto incontra l’oceano
La costa atlantica offre un contrasto sorprendente: a Swakopmund, città di origine tedesca, il deserto si tuffa letteralmente nell’oceano. Qui il clima si fa più rigido e le escursioni si concentrano sulle dune che si affacciano sul mare. Sandwich Harbour è una delle esperienze più spettacolari: dune dorate che precipitano direttamente nell’Atlantico.
A Walvis Bay si osservano fenicotteri e colonie di leoni marini, mentre le guide locali insegnano le tecniche per guidare sulla sabbia in sicurezza. Oltre alla natura, spiccano anche progetti sociali: a Swakopmund è attiva la scuola Happydu, fondata da volontari italiani per offrire istruzione ai bambini delle baraccopoli. Un esempio concreto di solidarietà che si intreccia con il tessuto locale.
Damaraland, Spitzkoppe e le foreste di pietra
La Namibia interna è un susseguirsi di paesaggi primordiali. Lo Spitzkoppe colpisce per le sue rocce arrotondate, archi naturali e incisioni rupestri dei boscimani. Il Damaraland, invece, ospita il sito di Twyfelfontein, patrimonio dell’umanità UNESCO, dove graffiti di oltre 6.000 anni raffigurano animali e scene di caccia.
Non meno impressionante è la foresta pietrificata di Khorixas, con tronchi fossili risalenti a 260 milioni di anni fa. Poco distante si erge il Fingerklip, un monolite isolato che domina il paesaggio come un guardiano. Questi luoghi, meno battuti dal turismo di massa, restituiscono un senso di isolamento e di viaggio nel tempo.
Etosha, il regno della fauna selvatica
Il Parco Etosha è il cuore pulsante della biodiversità namibiana. Una vasta riserva dove pozze naturali attirano branchi di erbivori e, con un po’ di fortuna, i grandi predatori. Zebre, gnu, springbok ed elefanti convivono con leoni e rinoceronti, regalando scene che sembrano uscite da un documentario.
Tra i momenti più intensi: una leonessa che si abbevera sotto lo sguardo teso delle prede, un rinoceronte che attraversa la strada davanti alle auto, un leone maschio che difende la carcassa di una giraffa. Episodi che mostrano la cruda realtà della natura africana e che fanno dell’Etosha una tappa obbligata per chiunque desideri vivere un autentico safari.
Meteoriti, fattorie e ritorno alla capitale
Oltre alla natura, la Namibia sorprende con siti insoliti. Nei pressi di Tsumeb si trova l’Hoba, il meteorite più grande mai rinvenuto sulla Terra: un blocco di ferro di 80.000 anni, scoperto per caso da un contadino. Ad Otjiwarongo si visita una fattoria di coccodrilli, dove gli animali vengono allevati anche per l’esportazione delle pelli in Europa. Un’attività controversa che testimonia la complessità economica del paese.
Il viaggio si conclude a Windhoek, capitale vivace e porta d’ingresso del paese. Qui si torna alla modernità, ma con negli occhi le immagini di deserti, animali e comunità che fanno della Namibia una destinazione unica, capace di unire avventura, natura estrema e riflessioni profonde.
