Prevenzione a parole, attese infinite nella realtà sanitaria italiana

Il decalogo del Ministero promuove la prevenzione, ma milioni di italiani rinunciano a curarsi per colpa di liste d’attesa sempre più lunghe

Il nuovo Decalogo della Prevenzione, presentato dal Ministero della Salute, punta a cambiare radicalmente l’approccio del Servizio Sanitario Nazionale. La proposta è ambiziosa: trasformare la sanità italiana da sistema reattivo a struttura proattiva, capace di anticipare le malattie anziché rincorrerle. Maria Rosaria Campitiello, capo dipartimento del Ministero, ha spiegato che “la prevenzione è il primo e più potente farmaco per la salute pubblica”. Una rivoluzione culturale, prima ancora che sanitaria. Il documento invita ad abbandonare la logica emergenziale per investire strutturalmente nella prevenzione, valorizzandola come pilastro del benessere collettivo. Vaccinazioni, screening, stili di vita sani e lotta alle disuguaglianze sono al centro del piano. Non si tratta più di semplici raccomandazioni, ma di un cambio di passo che deve coinvolgere tutte le istituzioni, dai Comuni alle scuole, fino al mondo del lavoro.

Il decalogo sottolinea come sia necessario spostare l’intervento sanitario sulla causa, anziché sull’effetto. Combattere obesità, fumo e sedentarietà ha un impatto diretto sui costi sanitari. Ma soprattutto riduce il numero di malati cronici, oggi in continuo aumento. Tuttavia, la realtà dimostra che queste buone intenzioni si scontrano con un sistema affaticato, in cui le liste d’attesa si allungano e l’accesso alle cure diventa sempre più difficile.

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Liste d’attesa: tra promesse e disillusioni

La fotografia scattata da Federconsumatori è impietosa. Nonostante la legge “taglia-liste” approvata nel 2024, i tempi di attesa restano fuori controllo. Secondo l’indagine, una mammografia può richiedere oltre due anni, una colonscopia quasi quattro. Anche per le visite urgenti, la situazione è critica: per un consulto gastroenterologico urgente con codice U, da effettuare entro 72 ore, si attendono tre mesi.

Per una visita cardiologica con priorità D (differibile entro 30 giorni), l’attesa può arrivare a nove mesi. L’indagine ha coinvolto i portali istituzionali delle Regioni tra ottobre e novembre 2024. La conclusione? Nessun miglioramento sostanziale rispetto al monitoraggio condotto nei mesi precedenti, nonostante il decreto già convertito in legge. «Oltre 4,5 milioni di italiani rinunciano alle cure per le attese troppo lunghe», ha dichiarato Roberto Giordano, vicepresidente di Federconsumatori.

Sanità pubblica al collasso: mancano fondi e personale

Mimma Iannello, coordinatrice area Welfare di Federconsumatori, ha sottolineato come le misure introdotte siano in gran parte già previste nel Piano nazionale 2019–21, oppure siano prive di fondi. La conseguenza? «Non c’è un reale cambio di passo nell’abbattimento delle attese». In molte regioni i cittadini devono scegliere se pagare di tasca propria o rinunciare alle cure. Solo poche aree riescono a rispettare i tempi previsti: in Veneto le prestazioni rispettano i tempi nel 93,3% dei casi, seguito da Emilia-Romagna (88,6%) e Toscana (85,1%).

In netto contrasto, Regioni come Calabria, Campania e Lombardia presentano criticità diffuse, soprattutto nella pubblicazione e trasparenza dei dati. L’attuazione del sistema CUP integrato previsto dalla legge è ancora un miraggio, così come il divieto di chiusura delle agende, il sistema di disdetta automatica e la piena integrazione delle strutture pubbliche e private.

Riforme sulla carta: solo un decreto attuativo su sei

A sei mesi dalla conversione in legge, dei sei decreti attuativi previsti ne è stato approvato solo uno. Lo denuncia la Fondazione Gimbe, che parla di “paralisi normativa” e di «riforme annunciate che restano un esercizio retorico», come dichiarato dal presidente Nino Cartabellotta. Secondo Crea Sanità, per rilanciare davvero il SSN servirebbero almeno 40 miliardi di euro. La spesa pubblica italiana per la sanità è infatti del 44% inferiore alla media UE, con un divario che cresce da dieci anni.

Grave anche il tema del personale: mancano all’appello quasi 25.000 medici e il numero degli infermieri è altrettanto insufficiente. La legge aveva promesso una piattaforma nazionale sulle liste d’attesa, ma nemmeno questa è stata realizzata. «I cittadini aspettano e pagano. Ma lo Stato dov’è?», si è chiesto Davide Faraone (Italia Viva), denunciando l’inazione del governo dopo le elezioni europee.

Umbria: mozione bipartisan per i controlli dei Nas

L’unica risposta concreta al problema arriva dall’Umbria. L’Assemblea legislativa ha approvato una mozione per attivare una collaborazione con i Nas, i Carabinieri specializzati nella tutela della salute. La proposta, presentata da Fratelli d’Italia e condivisa da tutte le forze politiche, mira a intensificare i controlli su agende, ricettari, attività intramoenia e appropriatezza prescrittiva.

In altre Regioni, come Lombardia, questi protocolli sono già attivi e hanno prodotto risultati positivi. Anche la creazione dell’Osservatorio regionale sui tempi di attesa, insediato proprio in questi giorni, va nella direzione della trasparenza e del monitoraggio. L’Osservatorio dovrà analizzare i dati delle strutture sanitarie, distinguendo tra prestazioni istituzionali e in libera professione, e redigere report periodici. Obiettivo dichiarato: riportare equità, appropriatezza e informazione ai cittadini.

Una strategia più ampia: sanità e legalità insieme

L’Osservatorio umbro avrà anche il compito di educare la popolazione al corretto utilizzo del sistema sanitario, promuovere l’appropriatezza delle prescrizioni e vigilare sull’effettiva applicazione delle misure. Alla riunione inaugurale hanno preso parte oltre 40 rappresentanti delle organizzazioni sindacali e civiche. La presidente Stefania Proietti ha sottolineato come «l’Osservatorio vuole essere un luogo di confronto e trasparenza».

La Regione ha inoltre annunciato un prossimo protocollo d’intesa con la Guardia di Finanza per rafforzare i controlli. L’obiettivo non è solo ridurre le attese, ma intercettare gli sprechi e garantire un diritto universale alla salute. In questo quadro, la proposta di coinvolgere i Nas rappresenta una svolta concreta, in attesa che il resto del Paese segua l’esempio.

Link utili:
Il DECALOGO DELLA PREVENZIONE su QuotidianoSanità

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