Dai muratori ai pescatori: all’era dell’IA sopravvivono loro, non i laureati

A rischio milioni di posti. L’analisi dell’INAPP svela i mestieri “a prova di algoritmo”: si salverà soltanto il 24% delle professioni

L’Intelligenza Artificiale non è più un fenomeno lontano: è la nuova rivoluzione industriale che sta riscrivendo in tempo reale il mercato del lavoro. Mentre milioni di persone cercano di capire come adattarsi, uno studio dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) fotografa con precisione chirurgica la situazione italiana. Il rapporto, dal titolo “Lavoro e Intelligenza artificiale in Italia: tra opportunità e rischio di sostituzione”, mostra che la metà dei lavoratori è già toccata dall’impatto dell’automazione.

A farne le spese, paradossalmente, non sono i lavori meno qualificati ma quelli considerati più “moderni” e istruiti. Impiegati, analisti, contabili e professionisti d’ufficio sono i primi ad essere travolti dagli algoritmi. Al contrario, chi vive di manualità, contatto diretto o lavoro fisico resiste meglio alla tempesta digitale.

L’INAPP lo dice chiaramente: «Le professioni più esposte sono quelle a elevata routine e basso grado di interazione». In altre parole, chi passa le giornate davanti a un monitor ha più da temere di chi tiene in mano un martello.

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I mestieri che l’IA non potrà rimpiazzare

Il nuovo scenario ha un protagonista inaspettato: la manovalanza.
Secondo l’analisi, le professioni che presentano la minore esposizione all’automazione sono quelle manuali, fisiche o artistiche, e tutte le attività che implicano coordinazione, intuizione o contesti non standardizzabili. A guidare la classifica dei mestieri “a prova di algoritmo” ci sono manovali, muratori, pescatori, marinai e bagnini, ma anche figure artistiche come ballerini, acrobati, insegnanti di danza e atleti professionisti.

Ci sono poi mestieri antichi che resistono per natura: sugherai, raccoglitori di resine, asfaltisti, lastricatori e pavimentatori. Tutti lavori che richiedono talento pratico, adattabilità e presenza fisica, elementi che nessuna rete neurale riesce ancora a imitare.
Anche i venditori ambulanti entrano tra i “salvati”, grazie alla capacità di leggere le persone e convincerle con parole e gesti. L’INAPP cita pure il personale addetto alla cura degli animali, per cui l’empatia è una competenza ancora irraggiungibile per le macchine.

Chi convive con l’IA senza farsi sostituire

Non tutte le professioni rischiano l’estinzione. In molti casi, l’Intelligenza Artificiale diventa un alleato invisibile che supporta il lavoro umano invece di eliminarlo. Appartengono a questa fascia le professioni ad alta complementarità: ruoli dove la tecnologia assiste senza prendere il controllo. Qui si colloca circa il 24% dei lavoratori italiani, e comprende professori, architetti, avvocati, commercialisti, imprenditori e addetti alle vendite al dettaglio.

In questi casi l’IA non cancella, ma amplifica: elabora dati, suggerisce strategie, riduce gli errori. Tuttavia, resta la necessità di una mente umana capace di interpretare il contesto e prendere decisioni. Come sottolinea l’INAPP, «l’IA non sostituirà chi saprà usarla, ma chi non saprà farlo rischierà l’irrilevanza». In sintesi, la differenza la farà la capacità di adattarsi: non basta essere istruiti, serve imparare a collaborare con le macchine.

Quando la routine diventa il nemico

Dove la ripetitività domina, l’IA avanza senza ostacoli. Le professioni a “alta esposizione e bassa complementarità”, quelle più a rischio, sono proprio quelle d’ufficio: addetti alle buste paga, impiegati al protocollo, centralinisti, usceri, operatori di call center senza funzioni di vendita. In questi ambiti la macchina è più veloce, più precisa, più economica. E questo, spiega il rapporto, significa che quasi un lavoratore su quattro in Italia potrebbe essere sostituito.

I settori più fragili sono quelli a forte digitalizzazione: banche, assicurazioni, pubblica amministrazione e comunicazione. Tutti luoghi in cui l’IA riesce a gestire enormi quantità di dati e a rispondere in tempo reale, senza stanchezza né stipendi. Il problema, però, non è solo tecnologico ma culturale: il lavoro d’ufficio è stato per decenni simbolo di status e sicurezza, ma ora è proprio lì che l’automazione morde più forte.

2030: chi resta e chi sparisce

Secondo un report del World Economic Forum, entro il 2030 le professioni destinate al declino saranno cassieri, segretari e custodi, mentre crescerà la domanda di sviluppatori software, tecnici digitali, agricoltori e camionisti. Una rivoluzione ironica: i lavori più “intelligenti” spariscono, mentre quelli che richiedono forza, intuito o creatività manuale tornano al centro della scena. In fondo, la lezione è semplice: le macchine pensano, ma non immaginano; calcolano, ma non provano emozioni… almeno per ora.

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