Indice
- 1 Ingenti depositi a meno di un metro di profondità: potrebbe fornire acqua vitale per le future missioni
- 2 Poligoni termici e crateri recenti rivelano il ghiaccio nascosto
- 3 Una risorsa per sopravvivere: propellente, acqua e aria
- 4 Potenziale astrobiologico e implicazioni scientifiche
- 5 Un sito ideale per atterraggi e scavi a bassa complessità
- 6 Prossimi passi: missioni robotiche per l’analisi diretta
Ingenti depositi a meno di un metro di profondità: potrebbe fornire acqua vitale per le future missioni
Su Marte c’è ghiaccio d’acqua, ed è persino abbondante e facilmente raggiungibile, perché superficiale. È stato individuato a pochi decimetri dalla superficie, nella regione di Amazonas Planitia, una delle aree più promettenti per ospitare futuri insediamenti umani. La scoperta, illustrata in uno studio pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets, è frutto del lavoro di un team guidato da Erica Luzzi, geologa planetaria presso il Mississippi Mineral Resources Institute. Gli autori hanno analizzato tre siti di atterraggio candidati, denominati AP-1, AP-8 e AP-9, riscontrando formazioni geologiche compatibili con la presenza di ghiaccio poco sotto il suolo. Le evidenze, raccolte attraverso immagini satellitari ad alta risoluzione e rilievi geomorfologici, indicano che l’acqua ghiacciata si trova a meno di un metro di profondità, rendendola potenzialmente sfruttabile per l’estrazione diretta e l’impiego in loco. La notizia, rilanciata da Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica, viene considerata di grande rilievo strategico per la futura esplorazione umana del pianeta rosso.
Poligoni termici e crateri recenti rivelano il ghiaccio nascosto
I ricercatori hanno analizzato circa 9.000 poligoni di contrazione termica, strutture del terreno che si formano in presenza di ghiaccio, la cui dimensione è direttamente proporzionale alla profondità del ghiaccio stesso. Ne esistono due varianti: il terreno poligonale nodoso e quello liscio, entrambi caratterizzati da superfici a basso albedo e dalla presenza di centri rialzati. Le differenze risiedono nella forma delle creste e nella disposizione dei rilievi, che nel primo caso risultano casuali, mentre nel secondo sono distribuiti con regolarità.
Le immagini ad alta risoluzione acquisite dallo strumento HiRISE, a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter, hanno evidenziato anche crateri d’impatto recenti, che hanno esposto ghiaccio d’acqua. La presenza di ghiaccio vicino ai siti candidati è stata confermata da queste formazioni, anche se la sua distribuzione appare discontinua. In alcuni punti, infatti, gli impatti non hanno rivelato nulla, suggerendo che l’acqua ghiacciata non sia uniformemente presente in tutta la regione.
Una risorsa per sopravvivere: propellente, acqua e aria
Secondo Luzzi, “se vogliamo inviare esseri umani su Marte, abbiamo bisogno dell’acqua – non solo per bere, ma anche per il propellente e molteplici applicazioni”. La scienziata sottolinea come la strategia dell’utilizzo delle risorse in situ sia fondamentale per ogni futura missione. A differenza della Luna, per cui è possibile prevedere rifornimenti settimanali, Marte impone lunghi viaggi, spesso della durata di mesi. Per questo, trovare acqua in loco potrebbe essere la chiave per la sopravvivenza.
Anche Giacomo Nodjoumi dello Space Science Data Center dell’ASI, coautore dello studio, ha chiarito l’importanza di questa scoperta. “Le risorse più critiche sono l’ossigeno e l’acqua. Il nostro sito candidato si distingue proprio per questo: offre accesso immediato a una risorsa vitale”, ha spiegato.
Potenziale astrobiologico e implicazioni scientifiche
Lo studio non si limita agli aspetti pratici. La presenza di ghiaccio d’acqua su Marte rappresenta anche una speranza per la ricerca di vita passata o presente. “Sulla Terra, il ghiaccio è in grado di preservare biomarcatori e perfino ospitare microbi”, ricorda Luzzi. Il ghiaccio potrebbe agire come scudo naturale, proteggendo molecole organiche dalla degradazione causata dai perclorati, abbondanti sulla superficie marziana. Questo rende i depositi ghiacciati luoghi privilegiati per future indagini astrobiologiche.
“Non possiamo dire con certezza che ci sia vita”, precisa Luzzi, “ma se c’è un posto in cui cercarla, è proprio nel ghiaccio”. Lo studio suggerisce che eventuali missioni future dovranno prestare grande attenzione a evitare contaminazioni e a operare in modo rapido, per evitare la sublimazione del ghiaccio a contatto con l’atmosfera marziana.
Un sito ideale per atterraggi e scavi a bassa complessità
L’area individuata, spiega Luzzi, “presenta una topografia praticamente piatta”, il che semplifica notevolmente l’atterraggio. Inoltre, il fatto che il ghiaccio sia quasi superficiale consente di evitare trivellazioni profonde, riducendo i costi e la complessità delle missioni iniziali. Anche la pianificazione logistica risulta agevolata: non serviranno strutture ingombranti per l’estrazione, ma piuttosto sistemi efficienti e rapidi per prelevare e trattare il ghiaccio prima che evapori.
Una delle difficoltà principali resta la gestione dei perclorati, che potrebbero alterare i campioni e influenzare le analisi. Per questo motivo, il team raccomanda un’azione ben pianificata, con operazioni rapide e strumenti accuratamente sterilizzati.
Prossimi passi: missioni robotiche per l’analisi diretta
L’intervista rilasciata da Luzzi a Media Inaf evidenzia anche il futuro prossimo della ricerca. Saranno necessarie missioni robotiche mirate per confermare, sul campo, la composizione dei depositi. “Abbiamo indizi concreti, ma non potremo mai essere certi finché non avremo un rover, un lander o un essere umano sul posto”, spiega Nodjoumi. La prossimità del ghiaccio alla superficie è incoraggiante, ma resta da stabilire se sia composto esclusivamente da acqua o se contenga anche altre componenti geologiche o chimiche.
Nel frattempo, la ricerca fornisce una mappa dettagliata e aggiornata dei siti più promettenti, contribuendo a orientare le strategie future delle agenzie spaziali, dalla NASA all’ESA, fino all’ASI.