Alla scoperta del Marocco autentico nel cuore del Sahara

Tra dune, tribù berbere e musica tradizionale: perché partecipare al Festival International des Nomades è un’esperienza unica

Chi sogna un’esperienza autentica lontana dai circuiti turistici tradizionali può trovare nella regione di M’Hamid El Ghizlane, nel profondo sud del Marocco, un viaggio memorabile. Situata al termine della Valle del Draa, questa zona desertica rappresenta molto più di una semplice meta esotica: è il punto d’incontro tra storia, natura e cultura nomade. Da qui partono le carovane dirette verso il Sahara, e non a caso è considerata la porta del grande deserto. In questo contesto si svolge ogni anno il Festival International des Nomades, evento culturale che riunisce comunità berbere, Tuareg e Sahrawi all’insegna della tradizione e del dialogo.

Il paesaggio che circonda M’Hamid è quello arido e suggestivo dell’hammada, un deserto pietroso che contrasta con le dune dorate dell’erg. La sabbia invade ogni cosa, il vento spazza via i suoni moderni, lasciando spazio ai ritmi ancestrali delle tribù nomadi. In questo scenario fuori dal tempo, il festival rappresenta un’occasione unica per conoscere usanze, musiche e riti millenari che rischiano di scomparire.

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Un evento che unisce popoli, strumenti e sapori

Ogni anno, il villaggio si anima con danze, concerti e corse di dromedari che trasformano le strade in un grande spazio condiviso. Il Festival International des Nomades ha superato le venti edizioni e propone un fitto calendario di eventi gratuiti: concerti di musica tradizionale e moderna, laboratori, artigianato e gastronomia locale.

“Qui, dove finisce il mondo conosciuto, inizia quello delle radici,” raccontano gli organizzatori. I suoni delle percussioni si fondono con strumenti a corda e voci tribali. Gli artisti arrivano da tutto il Maghreb, ma anche dall’Africa sub-sahariana e da paesi europei. A completare l’esperienza, si possono gustare il mella, pane cotto nella sabbia, e sorseggiare il classico tè alla menta tra le palme.

M’Hamid El Ghizlane: la porta del Sahara da esplorare

Il villaggio, a circa 90 chilometri da Zagora, è il punto d’ingresso nel Sahara marocchino. Un luogo semplice ma ricco di storia, che un tempo era snodo cruciale delle carovane trans-sahariane. Oggi, M’Hamid ospita piccoli alberghi in terra cruda, negozietti locali e una nuova moschea che si affaccia sul letto asciutto del fiume Draa.

Nelle giornate di festival, la popolazione locale accoglie con calore i visitatori. Anche chi ha poca esperienza di viaggio nel deserto può sentirsi a proprio agio grazie alle numerose agenzie locali che organizzano escursioni in dromedario o 4×4. Il turismo, pur essendo ancora limitato, rappresenta una speranza concreta per le comunità locali.

Berberi, Tuareg e Sahrawi: le anime del festival

I protagonisti del festival sono le etnie nomadi che abitano queste terre da secoli. I Berberi, o Tamazigh, sono i più numerosi. Parlano una lingua antica, il tifinagh, oggi riconosciuta ufficialmente insieme all’arabo. La loro scrittura è visibile anche sui cartelli stradali, accanto alle indicazioni in lingua araba.

Tra i gruppi più riconoscibili ci sono i Tuareg, soprannominati Uomini Blu per il colore delle loro vesti. Indossano il tagelmust, un lungo turbante che copre volto e testa: “È un simbolo di rispetto, e mai va rimosso in presenza di estranei,” raccontano le guide locali. Anche le donne hanno ruoli centrali nelle tradizioni, e a differenza di altri contesti islamici, tengono il volto scoperto.

Infine, i Sahrawi, di origine arabo-berbera, parlano l’hassāniyya, un dialetto unico che riflette la complessità culturale dell’area. Insieme, questi popoli danno vita a un evento che è prima di tutto celebrazione della propria identità.

Un mercato tra le dune: artigianato e sapori locali

Durante il festival, le vie di M’Hamid si trasformano in un vivace mercato all’aperto. I commercianti ambulanti offrono tessuti, abiti usati, spezierie locali, gioielli fatti a mano e piatti tipici come le brochettes (spiedini speziati) e succhi d’arancia freschi. Tutto è immerso in un’atmosfera autentica, lontana dai souvenir standardizzati delle città turistiche.

Chi visita il festival non torna con semplici oggetti, ma con un pezzo di cultura condivisa. È un’esperienza intensa, soprattutto per chi cerca il lato più umano del viaggio.

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