Crisi climatica e produzioni agricole a picco: allarme sui raccolti

Nel mondo crollano i raccolti: meno cereali e prezzi in aumento

La crisi climatica sta avendo un impatto diretto e crescente sulle principali colture agricole mondiali, minacciando sia l’approvvigionamento che la sicurezza alimentare globale. Secondo uno studio appena pubblicato su PNAS e guidato da David Lobell della Stanford University, la produzione di grano a livello globale è già diminuita del 10% rispetto a uno scenario senza cambiamento climatico. Questo calo preoccupa soprattutto per il ruolo centrale del grano nella dieta mondiale e per il fatto che le condizioni di siccità e temperature elevate stanno compromettendo la resa dei raccolti in regioni cruciali come Europa, Cina e Russia. Il gruppo di ricerca ha analizzato cinquant’anni di dati climatici e produttivi, arrivando a una conclusione chiara: “Il quadro generale degli ultimi cinquant’anni è che le tendenze climatiche hanno portato a un deterioramento delle condizioni di crescita per molte delle principali regioni produttrici di cereali del mondo”, sottolineano gli autori. Oltre al grano, anche colture fondamentali come mais, orzo, soia e riso sono state valutate: per tre di queste cinque colture si sono registrate perdite di rendimento legate al clima.

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Orzo e mais in calo, rendimenti in sofferenza

I dati dello studio dimostrano che il clima ha colpito duramente l’orzo, con un calo della resa tra il 12% e il 14%, e il mais, con una perdita del 4%. Le tecnologie agricole hanno consentito di aumentare i raccolti tra il 69% e il 123% dal 1974 al 2023, ma “gli impatti negativi del riscaldamento globale sono già evidenti, con gravi conseguenze attese sul fronte dei prezzi alimentari e della sicurezza alimentare globale”, evidenziano i ricercatori.

La situazione attuale è aggravata da condizioni meteorologiche estreme: il grano è messo a dura prova dal caldo e dalla siccità in Cina, il più grande produttore mondiale, mentre in Inghilterra la primavera 2024 è stata la più secca degli ultimi settant’anni, danneggiando pesantemente i raccolti. Bloomberg descrive le forniture globali di grano come “scarse”, e i prezzi potrebbero aumentare ulteriormente se le condizioni in Europa orientale e Asia centrale dovessero peggiorare nei prossimi mesi.

Dagli Stati Uniti all’Asia i rischi aumentano

I ricercatori sottolineano che persino le stagioni di coltivazione più fresche di oggi sono ormai più calde dell’80% delle stagioni di mezzo secolo fa. In certi casi, “la stagione più fresca di oggi è più calda della più calda che si sarebbe verificata 50 anni fa”, una tendenza che amplifica i rischi per il futuro dei raccolti mondiali. Unica eccezione, alcune aree di Stati Uniti centrali e Canada che hanno mostrato un parziale raffreddamento, le cosiddette “warming hole”.

Quanto all’“effetto fertilizzante” della CO₂, lo studio rivela che per grano, mais e orzo i benefici sono stati superati dalle perdite di resa, mentre per soia e riso l’impatto netto è risultato leggermente positivo, con un aumento superiore al 4%.

Caffè, cacao, arance e olive: nuove minacce e pochi dati certi

Secondo gli autori, la scienza climatica ha saputo anticipare bene l’impatto su grano, mais e altri cereali, ma esistono ancora punti ciechi per colture specializzate come caffè, cacao, arance e olive, che sono sempre più colpite da problemi di approvvigionamento e aumenti di prezzo. “Contano meno per la sicurezza alimentare, ma sono più visibili per i consumatori che altrimenti potrebbero non interessarsi al cambiamento climatico”, evidenziano i ricercatori.
“La scienza climatica ha fatto un lavoro straordinario nell’anticipare gli impatti globali sui principali cereali”, conclude David Lobell, “e dovremmo continuare ad affidarci a questa scienza per guidare le decisioni politiche”. Tuttavia, restano incertezze legate a fattori come l’umidità del suolo e la variabilità della CO₂, che rendono difficile stimare con precisione l’impatto futuro del clima sull’agricoltura globale.

Fonte:
Meno grano in crisi climatica, i raccolti sono già diminuiti del 10% – GreenReport.it

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