Indice
- 1 Pubblicati i dati del progetto COSMOS-Web: l’immagine più profonda dello spazio cambia la visione dell’universo primordiale
- 2 Viaggio nel tempo cosmico lungo 13,5 miliardi di anni
- 3 Il JWST sorprende: dieci volte più galassie del previsto
- 4 Dati che pongono nuove domande sull’universo primordiale
- 5 Conoscenza condivisa: i dati sono aperti a tutti
- 6 La ricerca continua: in arrivo nuovi dati
Pubblicati i dati del progetto COSMOS-Web: l’immagine più profonda dello spazio cambia la visione dell’universo primordiale
In un annuncio storico per la comunità scientifica, il consorzio internazionale COSMOS ha rilasciato la mappa più estesa mai costruita dell’universo. Frutto di due anni di lavoro e basata sui dati del telescopio spaziale James Webb (JWST), questa immagine contiene informazioni su circa 800.000 galassie, abbracciando quasi l’intera cronologia cosmica. Denominato COSMOS-Web field, il progetto rappresenta un traguardo senza precedenti nella ricerca astronomica e mette in discussione alcune delle teorie consolidate sull’universo primordiale.
Secondo Caitlin Casey, docente di fisica all’Università della California di Santa Barbara e co-leader della collaborazione, “l’obiettivo era costruire un campo profondo di osservazione spaziale su una scala fisica mai raggiunta prima”. Con un paragone suggestivo, la ricercatrice spiega: “Se stampassimo il celebre Hubble Ultra Deep Field su un foglio A4, la nostra immagine, alla stessa profondità, sarebbe grande quanto un murale di quattro metri per lato”. Una vera rivoluzione, insomma, per chi studia le prime fasi della formazione dell’universo.
Viaggio nel tempo cosmico lungo 13,5 miliardi di anni
Il mosaico ottenuto con COSMOS-Web riesce a spingersi indietro nel tempo fino a 13,5 miliardi di anni fa, coprendo circa il 98% della storia dell’universo, che secondo la NASA ha un’età stimata di 13,8 miliardi di anni. Lo scopo principale dei ricercatori non era solo catturare le galassie più antiche, ma anche analizzare il contesto ambientale più ampio in cui esse sono emerse.
“Il cosmo è strutturato in regioni dense e in enormi vuoti”, osserva Casey. “Volevamo capire non solo quali galassie fossero le più lontane, ma anche dove vivessero, qual era il loro ambiente”. Un approccio che punta a ricostruire le condizioni esatte in cui nacquero le prime stelle, i primi buchi neri e le galassie primordiali.
Il JWST sorprende: dieci volte più galassie del previsto
Il team non si aspettava una tale ricchezza di dati. Prima che il JWST entrasse in funzione, gli astronomi avevano previsto, sulla base delle osservazioni dell’Hubble, che le galassie formatesi nei primi 500 milioni di anni fossero rarissime. Tuttavia, le dimensioni del nuovo specchio primario (6,5 metri di diametro contro i 2,4 di Hubble) hanno stravolto le aspettative.
“Il Big Bang accade e serve tempo perché la materia collassi gravitazionalmente, per formare stelle e strutture”, spiega Casey. “E invece la grande sorpresa è che JWST ci mostra circa dieci volte più galassie del previsto a queste distanze”. Non solo: il telescopio ha rivelato anche buchi neri supermassicci che risultavano invisibili con gli strumenti precedenti. E non si tratta solo di quantità: “Stiamo vedendo galassie e buchi neri molto diversi da quelli noti finora”, aggiunge.
Dati che pongono nuove domande sull’universo primordiale
Anche se molte domande trovano risposta con i dati COSMOS-Web, altre nuove incertezze emergono. Una delle più provocatorie riguarda la coerenza con il modello cosmologico attuale. “Da quando il telescopio è stato acceso, ci chiediamo se i dati JWST stiano mettendo in crisi il modello cosmologico” dice Casey.
“L’universo produceva troppa luce troppo presto. Aveva solo 400 milioni di anni per creare qualcosa che contenesse un miliardo di masse solari in stelle. Non sappiamo ancora come sia stato possibile”. Le implicazioni potrebbero riguardare anche fenomeni come la materia oscura e le leggi fisiche del primo universo.
Conoscenza condivisa: i dati sono aperti a tutti
Uno degli obiettivi principali della collaborazione COSMOS è rendere la scienza astronomica più accessibile e partecipativa. Casey spiega che “una grande parte di questo progetto è la democratizzazione della scienza: rendere strumenti e dati accessibili a tutti”.
I dati grezzi sono stati resi pubblici fin da subito, ma erano fruibili solo da esperti con accesso a supercomputer. Negli ultimi due anni, gli scienziati del team hanno lavorato per trasformarli in immagini e cataloghi utilizzabili anche da studenti universitari. “La scienza migliore si fa quando tante persone interpretano gli stessi dati in modo diverso”, sottolinea Casey. “Non spetta a un solo gruppo risolvere i misteri del cosmo.”
La ricerca continua: in arrivo nuovi dati
La mappa COSMOS-Web non rappresenta un traguardo definitivo, ma solo l’inizio di un percorso di approfondimento. I ricercatori sono tornati a osservare il campo profondo per verificare l’identità delle galassie più antiche finora individuate.
Per farlo, utilizzeranno la spettroscopia, che consente di analizzare la luce proveniente dagli oggetti celesti scomponendola come in un prisma. Questa tecnica permetterà non solo di misurare le distanze delle galassie, ma anche di capire la chimica interstellare dei sistemi primordiali, rilevando la presenza di elementi come azoto, carbonio e ossigeno.
“C’è ancora molto da scoprire. Siamo solo all’inizio”, conclude Casey. E con la mole di dati a disposizione, non è difficile crederle.
Fonte:
Cosmos