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Un team di scienziati canadesi ha sviluppato una nuova tecnologia in grado di catturare i cluster senza danneggiarli
Una nuova scoperta guidata dalla McGill University potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui medici e ricercatori affrontano la metastasi. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Communications Medicine, le cellule tumorali circolanti (CTC) non si muovono sempre da sole nel sangue: spesso viaggiano in cluster, piccoli gruppi di cellule unite tra loro. Questo comportamento è stato osservato nei pazienti affetti da cancro ovarico e colorettale, grazie a una nuova tecnologia di filtrazione sviluppata appositamente per non distruggere questi gruppi durante l’analisi dei campioni. I risultati indicano che questi cluster potrebbero giocare un ruolo sottovalutato nella diffusione del cancro ad altri organi, aprendo la strada a nuove strategie diagnostiche e terapeutiche.
La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Université de Montréal, il McGill University Health Centre e il Goodman Cancer Institute. Secondo il team, identificare precocemente questi cluster potrebbe permettere di distinguere i pazienti a basso e alto rischio di metastasi, migliorando così la personalizzazione dei trattamenti. “I cluster sono stati recentemente considerati più efficaci nel formare nuovi tumori, ma restavano invisibili nella maggior parte dei pazienti”, ha spiegato David Juncker, autore senior e docente alla McGill.
Una nuova tecnologia cattura i cluster senza danneggiarli
Microfiltrazione delicata per una diagnosi più precisa
Il team canadese ha sviluppato un metodo innovativo di microfiltrazione, in grado di isolare le cellule tumorali circolanti senza disgregarle. Secondo Juncker, “i metodi di filtrazione esistenti potrebbero aver rotto i cluster durante la preparazione del campione. Abbiamo quindi progettato una tecnica più delicata per isolarli senza danneggiarli”. Questo approccio ha portato a un dato sorprendente: i cluster erano presenti in numero molto superiore rispetto a quanto riportato in passato.
La tecnologia si basa su una membrana microfiltrante ultra-sottile, spessa circa un quinto di un capello umano. Questa membrana è dotata di minuscoli pori che trattengono le cellule tumorali singole o in gruppo, lasciando passare le cellule del sangue più piccole. L’eleganza del sistema sta nella sua capacità di preservare l’integrità dei cluster, permettendo di osservarli per la prima volta con precisione.
I cluster tumorali come indicatori per nuove terapie
Nella fase successiva dello studio, i ricercatori vogliono testare il metodo per diagnosticare la presenza di metastasi epatiche nei pazienti con tumore del colon-retto. Questo tipo di metastasi è particolarmente difficile da trattare e spesso identificata troppo tardi. Riuscire a rilevare i cluster nel sangue potrebbe fornire un marcatore precoce di rischio, utile sia per la diagnosi che per la scelta del trattamento.
Inoltre, la possibilità di monitorare la quantità e il comportamento di questi cluster potrebbe aprire nuove vie per il monitoraggio terapeutico, offrendo un feedback in tempo reale sull’efficacia dei trattamenti. “Se i cluster sono elementi chiave nella diffusione del cancro, allora romperli potrebbe aiutare a fermare le metastasi”, ha dichiarato Anne-Marie Mes-Masson, tra le autrici dello studio.
Un’arma in più contro il cancro metastatico
Rivalutare i protocolli oncologici attuali
La scoperta invita a rivedere le strategie attuali nella gestione delle metastasi, spesso focalizzate sulle cellule tumorali singole. Se i cluster sono più efficaci nel generare nuovi tumori, come suggeriscono i risultati, la ricerca oncologica potrebbe dover orientarsi verso lo sviluppo di farmaci in grado di disgregare questi gruppi o impedirne la formazione.
Un nuovo approccio personalizzato
Grazie alla tecnologia sviluppata, sarà possibile stratificare i pazienti in base al rischio reale di metastasi, personalizzando così i protocolli terapeutici. Questo potrebbe aumentare l’efficacia dei trattamenti e ridurre gli effetti collaterali, evitando terapie aggressive inutili per pazienti a basso rischio.