Malattie autoimmuni, una proteina spegne le cellule T “difettose”

Si tratta di un anticorpo bioingegnerizzato che disinnesca le cellule T responsabili delle malattie autoimmuni: speranza per diabete, epatite e sclerosi multipla

Una proteina ingegnerizzata potrebbe rappresentare una svolta per il trattamento delle malattie autoimmuni, tra cui diabete di tipo 1, epatite autoimmune e sclerosi multipla. Uno studio pubblicato sulla rivista Cell e guidato da un team internazionale di ricercatori della NYU Langone Health, dell’Accademia Cinese delle Scienze e dell’Università di Zhejiang, ha mostrato come una molecola progettata in laboratorio sia in grado di disattivare selettivamente i linfociti T più pericolosi. Queste cellule, fondamentali per difendere l’organismo, possono diventare un problema quando, per errore, attaccano i tessuti sani. Il nuovo approccio, testato su tre modelli murini, sfrutta una tecnica innovativa: un anticorpo “bi-specifico” capace di legare contemporaneamente due recettori chiave sulla superficie delle cellule T, neutralizzandole senza compromettere l’intero sistema immunitario. Un passo avanti importante, considerando che molti trattamenti attuali indeboliscono indiscriminatamente l’immunità, aumentando il rischio di infezioni e tumori.

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L’obiettivo è bloccare le cellule T “sbagliate”

Nel dettaglio, la nuova terapia punta a colpire due bersagli molecolari: il recettore delle cellule T (TCR), responsabile dell’attivazione immunitaria, e il checkpoint LAG-3, una sorta di freno naturale del sistema immunitario. Legando insieme questi due elementi, i ricercatori hanno scoperto di poter “silenziare” le cellule T iperattive, quelle che nelle malattie autoimmuni attaccano l’organismo stesso. Questo effetto è stato ottenuto sfruttando un anticorpo progettato per mantenere TCR e LAG-3 a strettissimo contatto.

Questo legame ha impedito alle cellule T di attivarsi e di causare danni, come dimostrato nei test condotti su topi affetti da tre diverse patologie autoimmuni. Le cellule T CD8+, principali responsabili del diabete e dell’epatite, sono state disinnescate; nei modelli di sclerosi multipla, patologia mediata invece da cellule T CD4+, il trattamento ha ridotto i sintomi in modo significativo.

Il ruolo della distanza molecolare tra LAG-3 e TCR

Un aspetto chiave emerso dallo studio è la prossimità fisica tra LAG-3 e TCR. Gli autori hanno osservato che la soppressione della risposta immunitaria avviene solo quando i due recettori sono abbastanza vicini da consentire un’interazione stabile. Come ha spiegato Jasper Du, co-primo autore dello studio e studente di medicina alla NYU, “quando la superficie di una cellula T si avvicina all’MHC-II, che presenta la molecola attivante del TCR, il recettore T si trova molto vicino a LAG-3”. Questa vicinanza consente a LAG-3 di esercitare una pressione sul TCR, bloccando l’azione dell’enzima Lck, essenziale per attivare la risposta immunitaria.

Il team ha scoperto che, pur potendo LAG-3 e TCR essere legati simultaneamente all’MHC-II, ciò avviene troppo raramente per produrre un effetto terapeutico stabile. Per questo motivo è stato progettato un anticorpo capace di forzare questa interazione, ottenendo un risultato più efficace e mirato.

Un anticorpo bi-specifico con effetto selettivo

Test su modelli murini confermano l’efficacia

La molecola ingegnerizzata, battezzata BiTS (LAG-3/TCR Bispecific T cell Silencer), ha mostrato la capacità di sopprimere le cellule T autoimmuni nei modelli animali, senza influenzare negativamente il resto del sistema immunitario. Nei topi con una forma di diabete autoimmune, il trattamento con BiTS ha impedito l’insorgenza dell’insulite, l’infiammazione che distrugge le cellule produttrici di insulina.

Nel modello di epatite autoimmune, la molecola ha ridotto l’infiltrazione di cellule T e il conseguente danno epatico. Infine, nel caso della sclerosi multipla, l’uso preventivo dell’anticorpo ha diminuito la gravità della malattia nei topi predisposti, prima che comparissero i sintomi.

Il meccanismo sembra dunque funzionare bene su diversi tipi di linfociti T, CD4+ e CD8+, confermando la versatilità dell’approccio. La chiave è la prossimità molecolare forzata, che rende l’inibizione più stabile e selettiva.

Verso nuove strategie immunoterapiche mirate

Come ha dichiarato il co-primo autore Jia You, ricercatore nel laboratorio del Dott. Wang, “il nostro studio amplia la comprensione della funzione di LAG-3 e suggerisce strategie terapeutiche basate sulla prossimità, con potenziale applicazione anche ad altre patologie”.

I risultati indicano una nuova via per trattare le malattie autoimmuni senza gli effetti collaterali delle terapie attuali. L’azione mirata di BiTS, ottenuta legando specificamente i recettori LAG-3 e TCR, potrebbe evitare i problemi delle cure generalizzate, che indeboliscono l’organismo nel suo complesso.

Un vantaggio interessante rispetto agli inibitori dei checkpoint tradizionali, come quelli contro PD-1, è che il nuovo anticorpo sembra più efficace nel sopprimere l’immunità iperattiva, piuttosto che potenziarla come accade nei trattamenti antitumorali. Questo lo rende un candidato promettente per tutte le condizioni in cui il sistema immunitario “perde il controllo”.

Fonte:
Engineered protein silences harmful T cells in autoimmune disease – NewsMedical

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