Indice
- 1 Il Gennaris Bionic Vision System di Monash University promette di restituire la percezione visiva a chi ha perso la vista per danni al nervo ottico
- 2 Come funziona il Gennaris e perché è unico
- 3 Dalla sperimentazione animale ai test sull’uomo
- 4 Potenzialità e limiti della nuova tecnologia
- 5 Le parole dei ricercatori e il futuro del progetto
Il Gennaris Bionic Vision System di Monash University promette di restituire la percezione visiva a chi ha perso la vista per danni al nervo ottico
Una tecnologia che fino a pochi anni fa sembrava fantascienza è ora pronta a fare il salto verso la realtà clinica. Un gruppo di ricercatori australiani della Monash University, in collaborazione con Alfred Health, ha sviluppato il Gennaris Bionic Vision System, il primo sistema bionico completamente funzionante pensato per ridare la percezione visiva a persone colpite da cecità totale causata da danni al nervo ottico. A differenza delle soluzioni precedenti, focalizzate su patologie retiniche come la degenerazione maculare, questa tecnologia bypassa completamente il nervo ottico e invia segnali direttamente alla corteccia visiva del cervello. Il cuore del sistema è una telecamera miniaturizzata montata su uno speciale headgear personalizzato, che cattura l’immagine della scena circostante. I dati visivi vengono elaborati da un processore esterno e inviati, in modalità wireless, a una serie di micro-impanti posizionati sulla superficie del cervello. Durante i test preclinici, il dispositivo ha permesso di percepire forme, schemi e ostacoli, offrendo alle persone cieche la possibilità di orientarsi e muoversi in ambienti complessi. Non si tratta di una visione naturale, ma di un passo concreto verso un futuro in cui la cecità non sarà più una condizione irreversibile.
Come funziona il Gennaris e perché è unico
Il Gennaris Bionic Vision System si distingue per l’approccio diretto alla stimolazione corticale. Il sistema comprende una telecamera montata su una montatura leggera, un processore visivo portatile e fino a 11 microchip impiantabili delle dimensioni di un’unghia. Ogni chip è dotato di microelettrodi che inviano segnali elettrici mirati a specifiche aree della corteccia visiva. Questa modalità bypassa eventuali danni alle strutture oculari o al nervo ottico, risultando adatta anche per chi ha perso la vista a causa di traumi o neuropatie.
Gli sviluppatori sottolineano che la qualità dell’immagine percepita non è paragonabile alla vista normale: si tratta di una griglia di punti luminosi che permette di riconoscere forme, movimenti e contrasti. Ciò nonostante, per chi vive al buio, anche una percezione parziale può tradursi in una maggiore indipendenza e sicurezza.
Dalla sperimentazione animale ai test sull’uomo
Il percorso di sviluppo del Gennaris è iniziato oltre dieci anni fa. Dopo una lunga fase di progettazione, il dispositivo è stato testato su modelli animali, in particolare pecore, per valutarne sicurezza, resistenza e capacità di trasmissione del segnale. I risultati hanno evidenziato assenza di danni significativi e una buona integrazione degli impianti con il tessuto cerebrale.
Con questi dati incoraggianti, il team si prepara ora a iniziare le sperimentazioni cliniche umane a Melbourne. I candidati saranno persone non vedenti a causa di danni irreversibili al nervo ottico. Gli obiettivi iniziali saranno valutare sicurezza, funzionalità e impatto sulla qualità della vita.
Potenzialità e limiti della nuova tecnologia
Il campo visivo offerto dal Gennaris è di circa 100 gradi, superiore ai 70 gradi medi di altri sistemi sperimentali, ma ancora inferiore alla media umana di 130 gradi. Gli sviluppatori stanno lavorando per ampliare questa capacità e migliorare la risoluzione delle immagini. Un altro punto di forza è la modularità: i microchip possono essere aumentati o ridotti in numero a seconda delle esigenze del paziente. Sul fronte delle limitazioni, resta la complessità dell’intervento chirurgico e la necessità di un adattamento cerebrale, che richiederà training specifico per imparare a interpretare i segnali visivi.
Le parole dei ricercatori e il futuro del progetto
Il professor Arthur Lowery, del Monash Vision Group, ha dichiarato: “Il nostro obiettivo è fornire a chi ha perso completamente la vista un nuovo strumento per interagire con il mondo”. Aggiunge poi: “Se i trial clinici confermeranno i nostri risultati preclinici, potremo offrire un’opzione reale e sicura per restituire almeno parte della percezione visiva”.
Il progetto ha attirato l’attenzione di enti sanitari e investitori, con l’obiettivo di avviare, in futuro, una produzione su larga scala. Oltre alla cecità, i ricercatori valutano applicazioni in altri ambiti neurologici, come la riabilitazione dopo ictus o traumi cerebrali.
Fonte:
Monash Vision Group
